Tra i giovani e giovanissimi prende piede un’allarmante manifestazione di rabbia repressa. Cosa accade e che ruolo hanno i social network: l’opinione dell’esperta
In tempi dove la socializzazione è fortemente ridotta a causa delle misure restrittive atte a contenere il diffondersi dei contagi da Sars-CoV-2, si sta diffondendo un inquietante segno di disagio sociale tra i giovanissimi: ragazzi, soprattutto al di sotto della maggiore età, si danno appuntamento in luoghi pubblici per dare vita a enormi risse senza esclusione di colpi ed, in qualche caso, con uso di armi. Luogo, data ed ora d’incontro vengono fissati tramite social network.
Di qualche settimana fa la notizia di una maxi rissa nel napoletano, ad Ercolano per la precisione, dove, nonostante le limitazioni del “Decreto Natale”, la sera della vigilia del 24 dicembre, nella centrale piazza Trieste, si è scatenata un ingente pestaggio tra ragazzi e ragazze.
Non è, però, un caso isolato. Qualche settimana prima anche la Capitale è stata teatro di una gigantesca rissa sulla terrazza del Pincio dopo essersi dati appuntamento a Villa Borghese. Tutto è stato organizzato sui social network, in particolare TikTok, la piattaforma cinese utilizzata soprattutto dai giovanissimi che hanno trovato un habitat virtuale con meno adulti possibile, dopo aver abbandonato prima Facebook e poi Instagram, troppo frequentati da genitori, parenti, insegnanti. L’arrivo delle forze dell’ordine per disperdere l’assembramento non ha fatto altro che eccitare ancora di più gli animi.
Pochi giorni dopo, scene di guerriglia urbana anche a Venezia dove sono stati coinvolti circa quaranta adolescenti: la rissa è scoppiata dopo un diverbio tra ubriachi. I ragazzi si erano dati appuntamento in campo Bella Vienna, alle spalle di Rialto.
Lo stesso giorno, nuovamente a Roma, esattamente a Villa Borghese, è scoppiata una nuova rissa tra ragazzini. Alcuni cellulari sono stati sequestrati ai fermati. Sulla vicenda sono in corso accertamenti della polizia per chiarire se ci sia un collegamento con il pestaggio avvenuto al Pincio la settimana prima e se i giovani si fossero dati appuntamento.
Sul ruolo dei social media, c’è massima attenzione da parte delle autorità competenti, considerati anche fatti recentissimi come quello avvenuto a Palermo, dove Antonella, una bambina di soli dieci anni, è deceduta a causa di una “challenge” (una sfida) su Tik Tok.
Abbiamo chiesto un parere alla dottoressa Tania Sabatino, sociologa e dottore di ricerca in Diritto e Istituzioni Economico-Sociali:
Ricordo che qualche tempo fa fecero un’intervista ad alcuni adolescenti e post-adolescenti sui loro rapporti d’amicizia. Loro ammisero che, pur avendo frequenti interazioni sui social con alcuni coetanei, erano perfettamente consapevoli che se si fossero trovati in difficoltà questi ultimi non li avrebbero aiutati, cioè non si sarebbero comportati da amici. Molti ragazzi oggi vivono tra noia e isolamento, celandosi dietro uno schermo. Sicuramente i social, per le loro caratteristiche intrinseche di immediatezza e possibilità di contatti multipli gestibili contemporaneamente, possono favorire una parziale alienazione dalla realtà quotidiana, ma poi conta l’uso che se ne fa. In questo caso, questi ragazzi li usano per nutrire un distorto sentimento di onnipotenza. È come se vivessero perennemente in un videogame, inconsapevoli delle reali conseguenze delle loro azioni. Infatti, in un videogioco, chi viene ucciso, poi si rialza per giocare una nuova partita e si può ricominciare tutto daccapo. Per questo occorrerebbero percorsi che educhino all’uso consapevole dei social da una parte e all’affettività e alla gestione autentica della relazione dell’altra. I ragazzi vanno guidati, affinché possano riappropriarsi del gusto delle proprie emozioni, che hanno bisogno di tempo lento e di pause per essere metabolizzate, ma anche all’assunzione di responsabilità che ogni azione necessariamente comporta”.
(Giuseppe Franchina)