A Maccarese, l’associazione “Mare Nostrum” fa vivere la spiaggia in maniera eco compatibile riportando alla luce realtà cadute nel dimenticatoio. Questo angolo di paradiso rischia di scomparire per l’inciviltà di alcuni, come racconta il socio Federico Catalano
Il mare è un elemento costante, che resta lì e culla le civiltà fra onde e maree. Ce ne ricordiamo d’estate, qualche volta in inverno, per i più sentimentali. In ogni caso, non possiamo farne a meno: il suo movimento ristabilisce equilibri, allontana o avvicina persone. Spazza via le perplessità, guarisce la malinconia. Vicino al mare, le spiagge: teatro di vizi, virtù e usanze nostrane. C’è chi ha deciso di ripartire proprio da queste, valorizzandone le potenzialità, rimarcandone la semplicità. Questo fa, tra le altre cose, l’associazione senza scopo di lucro “Mare nostrum” che da quindici anni porta avanti un progetto ambientale ed ecosostenibile chiamato “Archa Marina” a Maccarese. Lungo il litorale laziale, da un’idea di Ascanio Fedrigo – scomparso a febbraio scorso – si coltiva un piccolo angolo di paradiso: 50 metri di spiaggia libera, dove si portano avanti iniziative culturali e si condivide la passione per il mare e per l’ambiente. In barba ai consumi e agli stabilimenti di ultima generazione, Archa Marina vive il mare e la spiaggia come negli anni Sessanta: con poco, si può far molto e bene. Questo è il motto comune che da più di una decade ha smosso l’animo di volenterosi, i quali hanno sempre incontrato il favore di istituzioni e competitors. Anche se il progetto non è ancora riconosciuto ufficialmente, vive grazie all’associazionismo e al passaparola. Questo microcosmo rischia di esser spazzato via per l’inciviltà di pochi. Il 21 aprile, Archa Marina ha subìto uno smantellamento senza preavviso e in maniera barbara: sono piombati dei tipi non ben identificati con delle ruspe e hanno distrutto una parte dell’ambiente fatto di un caseggiato e poco altro. Ora, i soci e gli affezionati cercano risposte (che ancora non sono arrivate) e lanciano un’iniziativa per far sì che una piccola ma fondamentale realtà non tramonti a causa della coercizione altrui. Abbiamo incontrato uno dei presidianti più attivi, Federico Catalano, per far luce sull’intera vicenda ed eventuali sviluppi.
Può parlarci della vicenda che, nell’ultimo periodo, ha coinvolto la vostra associazione?
“Noi siamo un’associazione senza scopo di lucro che si chiama “Mare nostrum”, che è stata fondata da Ascanio Fedrigo – promotore del progetto Archa Marina – ed esiste da quindici anni. Il nostro è un progetto totalmente ecocompatibile che mira a preservare la duna della spiaggia e la vegetazione autoctona, visto che in tutto il litorale laziale (almeno quello di Maccarese e Fregene) sono rimasti appena cento metri liberi dagli stabilimenti. Così Ascanio ha voluto, nell’arco di quindici anni, rendersi utile per la comunità con questa realtà. Tale premessa era necessaria per dire che non c’è mai stata – di fatto – un’autorizzazione ufficiale per tutto ciò, ma era ben tollerato e supportato da chiunque perché era mosso da scopi ampiamente condivisibili. Quando Ascanio è venuto a mancare (il sette febbraio scorso), l’Associazione ha pensato di continuare la sua opera chiedendo una regolarizzazione del progetto che ancora non è stata concessa. Come se non bastasse, il 21 aprile abbiamo trovato delle ruspe con dei tecnici – chiamiamoli così, anche se non si son del tutto qualificati – in spiaggia che stavano abbattendo la nostra realtà sociale: un casotto di circa dieci metri quadrati, fatto esclusivamente di legno recuperato dal mare (la legna che le mareggiate portano sulla spiaggia ripresa e riutilizzata), punto d’appoggio per le nostre attività che sono legate alla natura e all’eco compatibilità ma anche ad iniziative culturali e artistiche. In questi anni, il posto è diventato un punto di riferimento per tanti abitanti romani che hanno la passione per il mare, ma coltivano anche interessi culturali. Tutti si sono spesso incontrati lì, visto che il fondatore, Ascanio, aveva lavorato nel cinema. Quindi, i suoi contatti, nel tempo, lo sono venuti a trovare e, con il passaparola, “Mare nostrum” era diventato quasi un centro nevralgico di arte, cultura e spettacolo. Tant’è vero che sono stati girati negli anni anche tanti film e documentari proprio con il set dell’Archa Marina, perché era un punto unico nel litorale che ricordava com’era il mare negli anni Sessanta. Quello raccontato da Citti in Casotto, da Pasolini, e così via; noi tutti avevamo questa fissazione di resistere in mezzo a una serie di stabilimenti di plastica e ombrelloni fissi che proibiscono l’accesso al mare se non paghi. La serie di valenze e motivazioni ha fatto sì che questo progetto fosse supportato idealmente anche dal territorio e dai competitors, perché la clientela era totalmente diversa. Non davamo nessun fastidio”.
Se, come ha detto lei, c’era tutta questa accettazione sia dai competitors che dalle istituzioni, perché la vostra realtà non è mai stata riconosciuta a livello legale?
“I motivi veri sono immaginabili… il motivo ufficiale è che si tratta comunque di un pezzo piccolissimo di spiaggia libera – uno degli ultimi rimasti – e non è possibile darlo in concessione, perché, appunto, è libero. Tuttavia, in questi anni, volendo sono subentrate altre possibilità per eventualmente riconoscerlo: tipo la spiaggia libera attrezzata, l’erogazione di servizi e quant’altro, però, probabilmente, non c’è stata mai una volontà da parte delle amministrazioni che si sono susseguite in questi anni di creare un precedente, perché – ottusamente – credevano di inquadrare quest’esperienza come un’ennesima strategia per nascondere un’attività commerciale. Come, purtroppo, molte volte succede. Non era comunque il nostro caso”.
Adesso voi siete balzati alle cronache per quest’episodio spiacevole di abbattimento: se non ci fosse stato quest’increscioso evento, c’era comunque il rischio che, dall’oggi al domani, Archa Marina potesse chiudere…
“Tutti i procedimenti legali per ottenere un riconoscimento sono stati posti in essere, con ogni modo e mezzo possibile: avevamo ancora pendente un ricorso al Tar per riuscire ad avere questa concessione, il ricorso è stato bloccato e annullato per via della morte di Ascanio. Quindi, probabilmente, qualcuno dell’amministrazione avrà definito il progetto concluso. Non abbiamo prove di questo, ma crediamo possa essere andata così. Quello che noi chiediamo è che il sindaco – proprio nella sua persona – possa decidere liberamente (contrariamente alle norme) di farci una grazia, fra virgolette. Adesso, io non so dire in maniera precisa come questo avvenga legalmente, ma esiste il modo: basti pensare alla Appendino, il sindaco di Torino, qualche settimana fa ha legittimato una coppia di donne che hanno voluto riconoscere il proprio figlio. Questo è stato fatto contro le attuali norme vigenti, ma dal volere del sindaco che – come tutti i sindaci – ha la possibilità di prendere una decisione autonoma nel caso di situazioni particolari. Noi lo chiediamo al sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, che è anche sotto campagna elettorale. In questa fase, normalmente, tutto è molto aleatorio. Potremmo, però, provare a immaginare che quest’iniziativa sia nobilitata dai suoi intenti”.
Voi, attualmente, avete avuto un colloquio col sindaco?
“Direttamente ancora no, sempre tramite telefonate di amici di amici. Abbiamo chiesto un appuntamento quanto prima, che speriamo ci venga concesso perché la richiesta che noi faremo al primo cittadino sarà condita da una grande nostra disponibilità ad impegnarci e decidere con loro cosa togliere e cosa lasciare del materiale che occupa la spiaggia. Anche perché prima stazionava anche la roulotte di Ascanio, ora noi siamo disposti a togliere molta di quella roba che è sulla spiaggia ancora”.
In questo, purtroppo, vi hanno “dato una mano…”
“In realtà, la demolizione noi l’abbiamo fermata. Per ora sono riusciti a togliere una parete con altri tre pali di una struttura di legno che stava lì, per il resto tutto è rimasto lì: ancora non sono tornati a “finire il lavoro”. È ancora in corso la faccenda. Ogni giorno stiamo facendo un presidio lì per aspettare che tornino queste ruspe, perché ufficialmente ancora nessuno c’ha fatto vedere un documento che gli consente di fare determinate azioni”.
Voi pensate che tutto questo sia opera di concorrenti?
“Noi sospettiamo fortemente questo, ovviamente non riusciamo ad averne le prove, quindi chissà. Diciamo che ogni dettaglio porta a questo, dunque noi siamo pronti a dire eventualmente togliete quello che non serve, ma lasciamo un presidio qui per continuare a portare avanti le nostre attività culturali ed ecologiche: mantenere quel piccolissimo, sono 50 metri lineari su venti kilometri, paradiso. Anche nel caso venisse tutto distrutto, noi manterremo un presidio e tenteremo di ricostruire e ripartire nel modo meno impattante possibile per l’ambiente”.
L’iniziativa che state promuovendo sui vostri canali social ufficiali in che consiste?
“L’avevamo programmata per il 1°maggio, ma poi l’abbiamo spostata al 6 perché non ci andava di mischiarla con grigliate e altro. La giornata prevede semplicemente un incontro tra tutti gli amanti e soci dell’Associazione, o anche semplicemente chi ha a cuore la salute del mare – che, tra l’altro, è un tema attualissimo visto che poco tempo fa è stata la giornata mondiale degli oceani –, per tesserare di nuovo coloro che vogliono far parte dell’Associazione e ripartire insieme. Ricostruire ciò che è stato distrutto, insomma”.
A proposito di ricostruzione: all’accessibilità per persone con disabilità avete pensato?
“Noi abbiamo avuto una sensibilità particolare in tal senso, poiché il posto è frequentato veramente da chiunque. Offrivamo – e intendiamo offrire – questo servizio: li prendiamo dalla spiaggia e, in due o tre, li aiutiamo. Abbiamo anche una sedia job, perché proprio uno dei nostri parenti aveva mobilità ridotta. Inoltre, negli anni scorsi, abbiamo anche fatto una marea di corsi sull’accessibilità e altro. Vela, canoa, abbiamo fatto una serie anche di corsi assistenziali. A costo zero: facciamo un tesseramento per finanziarci e in più chiediamo – eventualmente – qualcosina in più per ordinazioni di cibo da grigliare. Si tratta, però, sempre di una cifra irrisoria. Siamo gli unici del litorale che provvedono alla pulizia (manuale) della spiaggia e alla raccolta differenziata che, altrimenti, non verrebbe garantita da nessuno”.
Articolo di Andrea Desideri