Il 15 gennaio l’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai a Tonga ha provocato uno tsunami che ha travolto l’arcipelago del Pacifico. Questo evento, però, ha fatto emergere una storia di coraggio e tenacia
Pochi giorni fa lo tsunami innescato dall’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai a Tonga, calcolata dalla Nasa, l’agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale e della ricerca aerospaziale degli Stati Uniti d’America, 500 volte più potente della bomba atomica di Hiroshima, ha investito, secondo fonti governative, circa l’84% delle 105mila persone che abitano l’arcipelago a sud del Pacifico.
Tra queste c’era anche Lisala Folau, un falegname disabile motorio, che è stato trascinato via dall’onda anomala dello tsunami.
“Mio fratello maggiore e mia nipote sono venuti in mio aiuto – racconta il cinquantasettenne tongano –, in quel momento l’acqua del mare ha iniziato ad entrare nel salone di casa, così ci siamo spostati in un’altra zona dell’abitazione quando un’onda più grande, che stimerei essere alta non meno di sei metri, [è arrivata]”.
“Tenete presente che sono disabile – ha aggiunto il falegname –. Non posso camminare bene… e quando ci riesco, credo che un bambino possa farlo più velocemente di me”.
Trascinato in mare aperto insieme alla nipote, l’uomo con disabilità ha galleggiato alla deriva per molte ore, ma spinto dalla forza della disperazione e dalla preoccupazione per la nipote, che non vedeva e sentiva più, ha cominciato a nuotare con la sola forza delle braccia giungendo all’isola di Sopu.
“Ero ormai convinto di poter arrivare a Mui’i Sopu”, racconta, che si trova al confine occidentale della capitale Nuku’alofa, sull’isola principale di Tongatapu. “Pensavo a mia sorella a Hofoa, che soffre di diabete, e alla mia figlia più giovane [che] ha problemi di cuore. Tutto questo stava passando per la mia mente”.
Il cinquantasettenne dopo aver raggiunto la sua meta, è stato letteralmente raccolto da un autista di passaggio che lo ha portato nella propria abitazione ed, in seguito, scoprirà che sia il fratello maggiore che la nipotina si erano salvati.
Una storia a lieto fine, insomma, alla quale fa da sfondo una potenziale tragedia, lo tsunami, che avrebbe potuto avere molte più vittime delle tre accertate.
La storia di Lisala Folau ha fatto rapidamente il giro della “rete” e l’uomo con disabilità si è meritato il soprannome di “Aquaman tongano” per la sua tenacia e la sua forza d’animo.
(Giuseppe Franchina)