La psicologa spiega la violenza di genere: perché si manifesta, come la si riconosce, in quale modo uscirne
Lo scorso 20 ottobre, a Laureana di Borrello (Reggio Calabria) si è svolto un incontro rivolto alla cittadinanza sull’urgente tema della violenza all’interno delle relazioni intime. Tra i relatori un team con professionisti impegnati attivamente sul campo: psicologo, avvocato, criminologo e giudice. La partecipazione da parte delle classi medie e superiori dell’istituto Piria di Rosarno (Reggio Calabria) è stata attivissima, segno che ci indica l’importanza di educare al rispetto delle differenze sin dalla più tenera età.
Ideatrice e realizzatrice del convegno, la dottoressa Désirée Latella, con cui abbiamo voluto approfondire il tema della violenza di genere, argomento quanto mai attuale. Ogni giorno programmi Tv e notiziari ne parlano e si è arrivati addirittura a coniare un termine, “femminicidio”, con cui classificare gli omicidi perpretati da uomini su donne oggetto del proprio desiderio. Ciò che anzitutto ci incuriosisce sapere è il motivo per cui se ne parli tanto: significa che è un fenomeno in crescita o che c’è più attenzione nei suoi confronti? “Non abbiamo scoperto nulla di nuovo – chiarisce la dottoressa Latella -, è sempre esistito il femminicidio, solo che a causa del nostro retaggio culturale, nessuna donna sapeva dare un nome, nè era consapevole che ciò che per molto tempo aveva subito non era normale. La donna si è resa conto che la relazione doveva funzionare nel rispetto reciproco della propria individualità, complice l’evoluzione della propria identità. Da quel momento si è verificata una crescente evoluzione, che ha portato ad una maggiore attenzione nei confronti non solo dei numeri della violenza, ma anche delle dinamiche che sottendono il fenomeno. Se ieri erano solo cinque le donne che denunciavano, oggi sono cinquemila”.
Abbiamo dei dati sulla frequenza di maltrattamenti e omicidi di genere?
“Sono ben 7 milioni le donne tra i sedici e i settant’anni che nel corso della loro vita, almeno una volta, hanno subito qualche forma di violenza: fisica, psicologica, sessuale, dalle forme meno gravi (molestia) a quelle più gravi (stupro). L’Istat ci restituisce la fotografia di un fenomeno in crescita. È assurdo pensare che per contenere tutte queste vittime servirebbe due volte e mezzo Roma. Frequentemente, il reo/maltrattante è sempre il partner o ex partner, che non sapendo gestire la separazione o non riconoscendo l’individualità della donna, agisce contro di lei con le forme di violenza tipiche di questo fenomeno”.
Fermo restando che le responsabilità sono del carnefice, che ruolo gioca la vittima in queste dinamiche?
“La donna vittima di violenza possiede delle caratteristiche (fattori di vulnerabilità) che la mettono più a rischio di intraprendere relazioni intime con uomini violenti. Tra questi fattori: svantaggio sociale; precedenti relazioni violente; preconcetti relativi ai ruoli all’interno della coppia; disturbi mentali o abuso di sostanze (anche se spesso questi ultimi fattori sono conseguenza delle violenze, condotte agite per resistere ai soprusi)”.
Quali sono le prime avvisaglie di un rapporto malato e quali le strategie per uscirne?
“Qualsiasi atto contro la dignità, rispetto e libertà personale, è avvisaglia. E con questo mi riferisco non solo a botte o schiaffi, ma anche al dover rinunciare alla propria libertà di persona in qualsiasi ambito. La strategia per uscirne è la denuncia. Denunciare sempre”.
In che modo può intervenire uno specialista come lo psicologo?
“Lo psicologo ha il ruolo di supportare le donne e riabilitarle da un amore malato che hanno subito per troppo tempo. Le ferite dell’anima sono le più difficili da ricucire. Le ossa guariscono, i lividi spariscono, ma l’amore per se stesse, la stima verso se stesse sono ferite più difficili da gestire”.
Ricordiamo che esistono numerose associazioni sul territorio, che possono sostenere psicologicamente e legalmente le vittime, e che alcune di queste, nei casi più gravi, possono accogliere le donne vittime di violenza con i figli. È inoltre possibile rivolgersi al numero nazionale anti violenza e stalking 1522, un servizio pubblico disponibile in diverse lingue, promosso dalla Presidenza del Consiglio (Dipartimento Pari Opportunità).
Articolo di Manuel Tartaglia