Mercoledì 2 febbraio ci ha lasciati Rita Barbuto, simbolo di lotta per i diritti umani, in particolare delle donne con disabilità. Una perdita importante per Fish Calabria e per tutto il mondo degli “ultimi”
Grande vuoto, che sarà difficile colmare, quello lasciato dalla dipartita di Rita Barbuto, donna con disabilità che ha speso la sua vita per la difesa dei diritti umani. Numerose le parole di cordoglio giunte dalle tante associazione in cui militava la catanzarese.
“La sua perdita – commenta Vincenzo Falabella, presidente nazionale della Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – lascia un grande vuoto, perché Rita era un vero e proprio punto di riferimento, nella sua Regione e non solo, per la tutela dei diritti di ogni persona con disabilità e per la nostra Federazione. La Fish Calabria, infatti, di cui Rita era tuttora Consigliera, con delega alla Vita Indipendente, è da sempre molto importante per il nostro movimento, una delle prime a nascere e a portare risultati importanti, grazie alla caparbietà del suo impegno”.
“Rita era una human rights defender (difensore dei diritti umani, NdR) e la sua scomparsa lascia un vuoto grande in chi l’ha conosciuta e apprezzata. Il movimento delle persone con disabilità ha perso una grande leader, il mondo culturale delle politiche sociali ha perso una risorsa nel campo della formazione e della ricerca”, così viene ricordata da DPI Italia (Disabled Peoples’ International), di cui Rita era direttrice, per le capacità e la responsabilità dimostrate nel corso degli anni.
La donna in carrozzina era anche una formatrice esperta per EducAid che, sui social network, scrive “Cara Rita, grazie per tutto quello che ci hai insegnato, grazie per la tua energia, per la tua determinazione, per la tua voglia di vivere e la tua carica umana. Sei stata per noi un riferimento continuo, una professionista precisa ed esigente, un esempio luminoso e una presenza affettuosa per una generazione di ragazze e ragazzi con disabilità della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Ti salutiamo con il cuore colmo di dolore per averti persa e di amore per avere avuto il privilegio di conoscerti e di lavorare con te”.
“Io posso raccontare la mia vita: il fatto di non avere la possibilità di impiegare assistenti personali significa che io non potrò più lavorare – raccontava la stessa Barbuto –, uscire di casa e che dovrò limitare anche gli spostamenti per le cure. Significa che con i soldi che ricevo dallo Stato potrò pagare soltanto qualche ora di assistenza al giorno, sufficienti esclusivamente a farmi alzare dal letto, rimettermi al letto la sera e andare in bagno non più di due volte al giorno. Queste saranno le conseguenze sulla mia vita, ma questo destino mi accomuna a quello di tante altre persone che vivono la mia stessa situazione, che devono affidarsi a familiari e amici e spesso, per non disturbarli, trattengono anche la pipì per ore. Questa è discriminazione. A volte mi chiedo se ci si sofferma abbastanza a pensare come vive una persona che ha una grave disabilità e cosa significa non poter prendere neanche un bicchiere d’acqua da soli”, queste parole Barbuto le aveva pronunciate nel corso di una lunga intervista pubblicata da Superando.it e danno il polso del pragmatismo del quale è stata intrisa la vita di questa combattente per i diritti degli “ultimi”.
(Giuseppe Franchina)