La fortuna di abitare a Roma è avere a disposizione una vasta presenza di musei e siti archeologici da visitare, con la possibilità di aumentare la capienza del nostro bagaglio culturale. In particolare, nell’ambito museale si è spesso discussa l’importanza di creare dei percorsi ad hoc per le persone con disabilità, in grado così di poter fruire delle opere esposte all’interno dell’istituzione: ad esempio, si parla di personalizzare i percorsi museali con scritte in braille per chi è affetto da una disabilità visiva.
Tutto ciò è quanto meno lodevole, se pensiamo ad una Capitale al centro di temi quali la poca integrazione e accessibilità sociale. A questo argomento però è bene fare una premessa: per fare in modo che la cultura sia fruibile da tutti bisogna anche dare la possibilità ad una persona di entrare in un museo. Il problema principale che viene riscontrato in una cultura accessibile è la possibilità di accedervi, di entrare in quel complesso di stanze che danno vita all’istituzione museale. I motivi possono essere vari: presenza di sampietrini disseminati in lungo e in largo per la Capitale, scaloni in marmo che non prevedono l’aggiunta di pedane in legno conforme alla Legge o assenza di parcheggi per persone con disabilità. Tutti questi fattori possono contribuire a rendere la cultura poco o non accessibile, nonostante magari il museo stesso lo sia. Inoltre, da un paio di anni, internet sta diventando un ottimo promotore di inclusione e integrazione socio-culturale: per questo motivo, sarebbe bene sfruttarlo.
Nell’ambito della ricerca etnografica “Museo Reale vs Museo Virtuale” condotta da studenti universitari per il corso “Comunicazione Artistica” della professoressa Annalisa Tota della facoltà del DAMS dell’Università degli Studi di Roma Tre, si è voluto dare spazio anche a questo tema: l’accessibilità di un museo in tutte le sue peculiarità. Oltre a constare quindi le possibilità di integrazione socio-culturale di un museo nel suo interno, verificarne le potenzialità nel suo esterno e, in generale, anche di come internet possa venire incontro a queste esigenze. L’oggetto della ricerca è stato il Museo Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari (Eur, Roma).
Partiamo come di norma dall’inizio, dall’accessibilità esterna. Attraverso una documentazione fotografica, si è constatata come l’accessibilità fuori dal Museo sia da rivedere: presenza costante di scale senza una pedana per le carrozzine, mancanza di uno o due parcheggi riservati ai portatori di handicap nelle zone limitrofe all’entrata dell’istituzione, nessuno scivolo costruito su un marciapiede. Tre però sono le situazioni che fanno più riflettere.
La prima (a destra) riguarda la presenza di una colata di cemento a ridosso di un marciapiede, nei pressi di piazza Kennedy, che dovrebbe funzionare da pedana rialzata: oltre alla dubbia validità legale di questa pedana, è possibile constatare anche quanto sia poco curato il marciapiede stesso, entrambe situazioni pericolose per chi ha una carrozzina o una disabilità che coinvolge gli arti inferiori. La seconda foto (a sinistra) riguarda la presenza di aree costellate da ciottoli: anche qui, il rischio è soprattutto per le carrozzine a mano ed elettriche, che possono subire danni o essere soggette a potenziali cadute. Infine, la terza situazione riguarda un percorso sensoriale per non vedenti situato a ridosso dell’incrocio tra via Cristoforo Colombo e viale Civiltà del Lavoro. Anche qui c’è una problematica di fondo, diventata troppo spesso di norma a Roma: il percorso finisce, questa volta non a ridosso di un muro, bensì all’inizio del complesso di marmo che comprende il Museo Nazionale e gli altri punti culturali e di ristoro adiacenti. Oltre ad essere pericoloso per una persona con disabilità visiva, rischia di compromettere la possibilità della stessa di entrare nel Museo.
Ovviamente, la ricerca ha cercato di fare chiarezza su questo aspetto, documentandosi sulle problematiche che bloccano il Museo nella realizzazione di un’accessibilità esterna adeguata. Francesca Montuori, Curatrice del Museo, ha svelato questo arcano: purtroppo l’istituzione non può intervenire sull’esterno, in quanto non ha legalmente la possibilità di farlo. Il complesso esterno infatti, secondo quanto afferma la dottoressa Montuori, è gestito dalla Società Eur S.p.a., e quindi ogni intervento sul campo deve prima passare per la loro giurisdizione. Le dichiarazioni della Curatrice sono confermate dallo stesso sito della società, in cui possiamo leggere che “La Società EUR S.p.A. (90% Ministero dell’Economia e delle Finanze e 10% Roma Capitale) è una società attiva nella gestione e nello sviluppo immobiliare, nata nel 2000, per volontà del Ministero del Tesoro, dalla trasformazione dell’Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma […]. Al patrimonio immobiliare di EUR S.p.A. afferiscono, inoltre, 70 ettari di parchi e giardini, aperti alla fruizione pubblica e considerati una straordinaria riserva di biodiversità. La mission è quella di gestire e valorizzare il complesso dei beni di cui è titolare, al fine di massimizzarne la redditività, sempre nel rispetto del particolare valore storico-artistico, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Roma Capitale e con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio. […]“.
Dunque, ci sono due aspetti che bisogna tenere in considerazione: primo, che l’accessibilità di un Museo è soggetta a protagonisti esterni, e questo può caratterizzare di molto la tipologia di utente che esso deve pensare; secondo, che la poca accessibilità non dipende sempre dall’istituzione stessa.
Ma andiamo avanti, entriamo nel museo vero e proprio, diviso in due piani. Al primo è possibile constatare la presenza di una pedana metallica, che favorisce l’entrata alle persone munite di carrozzine. Inoltre, per ottemperare alla difficoltà che sorge davanti alla lunga scalinata che porta al secondo piano, è stato predisposto un ascensore, grande e largo abbastanza per far entrare due carrozzine elettriche contemporaneamente. Al secondo piano possiamo notare un’altra valida attenzione nei confronti di un’inclusione sociale: è possibile infatti accedere al grande balcone del Museo grazie alla presenza, anche qui, di una pedana metallica.
In tutto questo però, è possibile consegnare qualche suggerimento. La ricerca infatti ha documentato come le uscite d’emergenza siano sprovviste di scivoli: in caso di pericolo, l’unica via di salvezza per un disabile è l’ascensore, oggetto sconsigliato da usare in situazioni di emergenza. Sarebbe opportuno quindi rivedere la struttura delle stesse. La presenza poi di intercapedini, che aiutano l’acqua a defluire dal balconato, possono essere pericolose per le ruote delle carrozzine. Inoltre, l’uscita del Museo non prevede svicoli per disabili, costretti a dover uscire dalla porta principale. le opere esposte non sono state dotate ancora di un linguaggio Braille nelle descrizioni. Ancora perché, come hanno testimoniato la stessa Francesca Montuori e Francesco Aquilanti, Responsabile della Comunicazione del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, si sta pensando alla costruzione di percorsi personalizzati per persone con disabilità sensoriale. Non bisogna dimenticare però che ogni tipo di variazione deve passare prima per la società sopra citata.
Infine, la ricerca ha approfondito la situazione di accessibilità sul sito del Museo. Anche qui serve fare una premessa: il Museo è giovane di età e il sito è stato da poco inaugurato, quindi è ancora tutto in fase di crescita. Sul web, ad esempio, molte sezioni sono ancora scarne, ma a questo stanno lavorando i responsabili dell’istituzione, che stanno creando le migliori soluzioni per creare un sito agevole e accessibile a tutti. Riguardo a questo tema, sia la dottoressa Montuori sia il dottor Aquilanti hanno fatto sapere che lo spazio web comprenderà non solo dei file audiovisivi, ma anche di un Virtual Tour, che aiuteranno le persone con disabilità sensoriale alla fruizione del Museo e delle opere in esso contenute.
La ricerca ha quindi sottolineato come l’accessibilità museale non dipenda sempre dall’istituzione stessa, ma deve tener conto anche di soggetti esterni. Visibilmente però, si è davanti ad un museo accessibile, nonostante la sua giovane età. Inoltre, la presenza di progetti volti a migliorare la possibilità di fruizione di tutti fanno presagire un futuro migliore.
In conclusione, è possibile affermare che per avere una cultura accessibile bisogna pensare a 360 gradi: oltre che all’interno di un Museo, anche al suo esterno e alle potenzialità del web.
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“Museo Reale vs Museo Virtuale” è una ricerca etnografica condotta da Salvatore Tropea, Martina Bortolotti, Fahimeh Fakhravi, Dario Di Ponzio, Federica Palocci e Angelo Andrea Vegliante. La ricerca in questione è stata parte d’esame del corso “Comunicazione Artistica” della prof.ssa Annalisa Tota della facoltà del DAMS dell’Università degli Studi di Roma Tre.