Con la spinta in atto verso le spese militari, il diritto alla salute rischia di passare in secondo piano
Due emendamenti presentati di soppiatto dal Carroccio avrebbero fatto pagare ai Comuni e alle famiglie i costi socio-assistenziali dei pazienti gravissimi. In Senato Lega e Fratelli d’Italia hanno provato a tagliare il bilancio sanitario che avrebbe lasciando fuori qualcuno, i più gravi. Grazie alla presa di posizione della Fish (Federazione italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie), gli emendamenti sono stati ritirati.
Ci hanno provato ma non ci sono riusciti, però l’episodio dà da pensare. Il rischio è che si stia tornando al sistema che esisteva prima della riforma del ’78, quella che ha istituito il Servizio sanitario nazionale. Un metodo simile a quello statunitense, che teneva 6 milioni di cittadini fuori da qualunque copertura sanitaria, abbandonandoli alla carità.
Nel nostro Paese, i numeri della “povertà sanitaria”, persone che non sono in grado di pagarsi da sole i farmaci di cui hanno bisogno e che devono scegliere ogni giorno se mangiare o curarsi sono pesanti: mezzo milione di persone, di cui 100mila minori, vive questa condizione, un dato in crescita dell’8,43% rispetto all’anno scorso. Sono 4,4 milioni quelle che hanno cercato di ridurre la spesa per visite mediche e accertamenti preventivi o che hanno rinviato o rinunciato ad alcune delle cure necessarie. Si tratta del 16,8% del totale, circa 10 milioni di persone.
La sanità è un diritto che va tutelato ed è vergognoso muoversi nella direzione opposta privilegiando, per esempio, come è stato tentato di fare, le spese militari.
(Gianfranco Scarpone)