Piccoli Comuni in via di estinzione, neolaureati che fuggono al Centro-Nord o all’estero, una popolazione sempre più anziana e un Meridione abbandonato a sé stesso. E noi a parlare di autonomia differenziata
Fra i temi più inflazionati nei salotti della politica, così come al bar o sui social, c’è la questione migratoria. Una questione senz’altro cruciale, ma trattata quasi sempre dalla prospettiva errata, con toni improntati alla paura e all’allarmismo verso chi arriva dal cosiddetto “Terzo Mondo”. Tuttavia, questa attenzione distoglie lo sguardo dal reale problema: l’esodo degli italiani. Sempre più persone, soprattutto giovani, lasciano il Paese per cercare fortuna all’estero, mentre il Sud Italia e le Aree interne si svuotano. I piccoli Comuni si stanno desertificando, con intere comunità che si spostano nelle grandi città in cerca di lavoro e servizi migliori, lasciando dietro di sé solo gli anziani. Questo fenomeno sta minando il tessuto sociale e demografico del Paese, con conseguenze che rischiano di compromettere il futuro dell’Italia nel giro di pochi anni.
A lanciare l’allarme (che a dire il vero non sembra essere stato recepito con la dovuta urgenza) è l’Istat, che ha reso pubblico uno studio dal titolo “La demografia delle aree interne: dinamiche recenti e prospettive future“, un’approfondita analisi dei fenomeni demografici in Italia. Leggere e approfondire questo studio ci aiuta a comprendere in che direzione sta andando il nostro Paese, quali sono le criticità e quali strategie dovrebbero essere messe in atto per eliminare le disuguaglianze fortemente presenti tra le varie aree che lo compongono. Esaminiamo in dettaglio cosa emerge da questa analisi.
Aree interne e Centri, una necessaria distinzione
Il territorio italiano non è affatto omogeneo. Esistono infatti due realtà ben distinte e contrapposte, ognuna con delle proprie caratteristiche. Con “Aree interne” vengono definiti tutti quei piccoli Comuni (Intermedi, Periferici e Ultraperiferici) connotati da scarsa accessibilità ai servizi essenziali; a questi vengono contrapposti i cosiddetti “Centri” (Poli, Poli intercomunali, Comuni di cintura), in sostanza le grandi città, che sono invece dotate di infrastrutture che garantiscono tali servizi.
La fuga dai paesi verso le città
Che la popolazione italiana stia diminuendo è un fatto assodato da tempo, quello che fa impressione è la disparità di concentrazione di abitanti a seconda del tipo di territorio. Le Aree interne comprendono oltre 4mila Comuni, il 48,5% del totale, praticamente la metà del suolo italiano, ma sono abitate soltanto da circa 13 milioni di persone; i restanti 45 milioni di italiani risiedono nei Centri. In pratica, un quarto della popolazione italiana si trova nelle Aree interne, gli altri tre quarti nelle grandi città. Andando ancora più nel dettaglio, noteremo ulteriori differenze tra Aree interne del nord e del Sud. In queste ultime, infatti, il calo demografico è ancora più intenso.
Da questa prima analisi emerge che, in generale, chi vive in un piccolo Comune tende ad abbandonarlo. E che, a parità di dimensioni dello stesso, il fenomeno è molto più accentuato nel sud Italia.
Più morti che nascite
Gli italiani fanno meno figli, questo è un dato di fatto. Il fenomeno non va interpretato semplicemente come un cambio nei costumi, ma come un dato allarmante per la sostenibilità del Paese. Sono ormai due decenni che il numero dei morti supera quello dei nati, il che significa che, se la tendenza resterà invariata, più andremo avanti e più la popolazione italiana sarà composta in prevalenza da anziani. Se il numero di giovani dovesse scendere eccessivamente al di sotto di quello degli adulti, significherebbe che la forza lavoro sarà troppo esigua per mantenere chi ha già lavorato e dovrebbe godersi gli anni della pensione. Anche in questo caso si registra un fenomeno più marcato nelle aree interne piuttosto che nei Centri.
Flussi migratori
Il grande tema da affrontare per l’Italia non è l’immigrazione, bensì l’emigrazione. I flussi migratori sul territorio italiano riguardano prevalentemente gli abitanti delle Aree interne che decidono di trasferirsi dai paesi di modeste dimensioni alle grandi città. Allo stesso modo, il trend riguarda uomini e donne del sud Italia che si spostano soprattutto al nord e in seconda battuta al centro.
Un altro elemento che contribuisce allo spopolamento delle Aree interne è rappresentato dall’elevato numero di cittadini italiani che emigrano all’estero. A differenza delle città più grandi, le Aree interne, soprattutto negli ultimi dieci anni, non attirano molti immigrati stranieri. Questi ultimi preferiscono stabilirsi nelle grandi aree urbane, che offrono maggiori servizi e, spesso, la presenza di comunità di connazionali. La scarsa presenza di immigrati non riesce a bilanciare adeguatamente il numero di persone che emigrano, e insieme al basso tasso di natalità, porta a una progressiva desertificazione dei piccoli Comuni.
Tanti giovani laureati partono, pochissimi tornano
Uno dei danni più grandi e una delle cause maggiori di impoverimento delle Aree interne è la fuga di ragazze e ragazzi, soprattutto laureati, che cercano fortuna nei Centri. Una volta stabilitisi nelle grandi città, molto raramente questi giovani tornano nei paesi di origine.
Tra il 2002 e il 2022, circa 330mila giovani laureati di età compresa tra i 25 e i 39 anni hanno lasciato le Aree interne per trasferirsi nei grandi centri urbani, mentre 45mila sono emigrati all’estero. Nello stesso periodo, 198mila giovani laureati sono tornati dai Centri alle Aree interne, e solo 17mila hanno fatto ritorno dall’estero. Di conseguenza, i Comuni di piccole dimensioni hanno perso 132mila giovani qualificati a favore delle città e 28mila a favore di Paesi stranieri.
Un Paese di anziani
L’età media degli italiani sta rapidamente aumentando e anche qui il fenomeno si fa più accentuato nei piccoli Comuni. Dal 2002 a oggi, l’età media nelle Aree Interne è aumentata di circa 5 anni, mentre nei Centri di 4,5 anni. L’indice di vecchiaia (il rapporto tra anziani e giovani) è aumentato maggiormente nelle Aree Interne: dal 133% del 2002 al 214% nel 2024, mentre nei Centri è passato dal 131% al 196% (200% per l’Italia). Infine, nei Comuni Periferici e Ultraperiferici, il 25,9% e il 26,8% della popolazione ha più di 65 anni, mentre solo l’11,5% e l’11,0% ha meno di 15 anni.
Scenari futuri: desertificazione delle Aree interne e declino del Sud Italia
L’Istat conclude il proprio rapporto con delle previsioni tutt’altro che positive, che evidenziano il progressivo declino della popolazione italiana nel breve e medio periodo. Si prevede che la popolazione scenda da 59 milioni nel 2023 a 58,2 milioni nel 2033 (-1,4%) e a 56,5 milioni nel 2043 (-4,3%). Ancora una volta, il calo sarà più marcato nelle Aree Interne, con un -3,8% entro il 2033 e un -8,7% entro il 2043, rispetto ai Centri (-0,7% e -3,0%). Entro 10 anni, circa il 70% dei Comuni italiani subirà un calo demografico, cifra che salirà al 74,5% entro 20 anni. Nelle Aree Interne, l’82,1% dei Comuni sarà in declino entro 10 anni, rispetto al 67,3% dei Centri.
Come è facile intuire, il Mezzogiorno sarà colpito più duramente: entro 10 anni, quasi il 90% dei Comuni delle Aree Interne perderà popolazione. In 20 anni, questa cifra salirà al 93%. La situazione è meno grave nel Centro-Nord, evidenziando le disparità tra le diverse aree geografiche.
Intanto si dibatte di autonomia differenziata
È di questi giorni il forte dibattito sull’opportunità di applicare l’autonomia differenziata proposta dal Governo. Tale disegno di legge, approvato dalla Camera e osteggiato da opposizione e sindacati che propongono un referendum per la sua abrogazione, prevede di togliere alcune funzioni allo Stato per delegarle alle Regioni. In particolare permetterebbe a queste ultime di trattenere la propria ricchezza e non condividerla con il resto del Paese, esasperando ulteriormente le profonde disparità che, come evidenziato nell’analisi dell’Istat, sono già reali e gravi.
È facile immaginare che un cittadino italiano residente a Bergamo, per esempio, non abbia alcun interesse a condividere le proprie risorse con i propri connazionali della provincia di Taranto e sia favorevole all’autonomia differenziata. Ma al di là dell’aspetto morale, una visione egoistica in cui si bada solo al proprio orticello, rischia di far perdere di vista il problema reale e cioè che una nazione che funziona solo a metà è una nazione malata, destinata sempre più ad arrancare. Sarebbe opportuno lavorare per risolvere immediatamente le disparità attuali, anziché esasperarle ulteriormente.
(Manuel Tartaglia)