La campionessa paralimpica di getto del peso racconta il percorso che l’ha portata fino agli ultimi successi, fatto di scelte e opportunità afferrate con grinta
“Sono sempre stata una bimba molto attiva, sono nata nella provincia di Napoli e ciò che facevamo noi bambini era giocare nei vicoli. Ero un vero maschiaccio: altissima, robusta, forte e veloce. Il primo sport praticato? La pallavolo a scuola”.
A raccontare la propria storia ed esperienza sportiva è la campionessa Assunta Legnante. Nata a Napoli nel 1978, Assunta ha fatto della propria passione e del proprio talento un lavoro.
Pesista e discobola italiana, è stata campionessa europea indoor nel getto del peso a Birmingham nel 2007, nonché primatista nazionale indoor con una misura di 19,20 metri. Inoltre, in questi anni ha ottenuto la medaglia d’oro ai giochi paralimpici per ben due volte e detiene il record mondiale di categoria nei giochi con un lancio di 17,32 metri.
La sua avventura inizia nel comune di Frattamaggiore: “A Napoli non c’erano campi d’atletica leggera, quello più vicino era in provincia di Caserta, arrivarci era scomodo, e quindi il mio primo allenatore creò una pedana disegnata con il gessetto dietro al cimitero. Senza alcun dubbio, allenandomi lì, non avrei potuto fare ulteriori morti con i miei lanci”.
Dalla pallavolo praticata in adolescenza, per una serie di circostanze e coincidenze, Assunta si ritrova a gareggiare nell’atletica leggera grazie ad alcune “sliding doors” (elementi assolutamente imprevedibili che possono cambiare la vita di una persona), come preferisce chiamarle lei: “A scuola, durante i Giochi della Gioventù, facevo un po’ di tutto e mi riusciva un po’ di tutto. Ma il peso era sicuramente la particolarità in cui spiccavo di più”. Poi, fin da giovane, le prime convocazioni in Nazionale e gli Europei: “da lì, con un’altra sliding door, ho scelto che l’atletica diventasse il mio lavoro”.
Dopo un buon debutto nel 1997 agli Europei Under 20, sempre con il getto del peso e una medaglia di bronzo al collo, la carriera atletica di Legnante stava decollando. “In passato, quando avevo diciannove anni, in realtà avevo un altro sogno, quello di iscrivermi all’Isef (l’attuale laurea in scienze motorie); volevo fare l’insegnante di educazione fisica”. Per entrare, c’erano una serie di prove fisiche da superare, ma prima, però, le più temute visite mediche: “ed io avevo il glaucoma”, ci racconta Assunta. Sul treno del ritorno, dopo essere stata scartata, si è detta: “Non posso esaudire il mio sogno? Vediamo allora se riesco a fare l’atleta. In quel momento ho trovato un allenatore che mi avrebbe fatto crescere a tutti gli effetti”. Divergenze con il suo allenatore diventano il preludio di un nuovo capitolo: il trasferimento ad Ascoli Piceno. Qui, sotto la guida di Nicola Silvaggi, ex CT della nazionale italiana, Assunta inizia a raccogliere successi.
Ma è il 2009 l’anno che avrebbe potuto segnare la fine della sua carriera a causa del glaucoma congenito: Assunta, conosciuta come “cannoncino” per la sua potenza, non rinuncia. La sua tenacia la porta a battere il record mondiale nel getto del peso ai campionati italiani paralimpici e a guadagnarsi l’accesso alle Paralimpiadi di Londra 2012, dove conquista l’oro e stabilisce un nuovo primato mondiale.
“Questo nuovo inizio per me è sempre stato un moto di ribellione, io ed i miei genitori abbiamo sempre pensato che dovessi vivere la vita più normale possibile. Per questo li ringrazio. Sono stata molto appoggiata nella scelta”.
E soprattutto, le prime volte sul palcoscenico mondiale non si scordano mai: “Le emozioni sono tantissime, hai pochissimo tempo per realizzare. Devi dare il meglio di te, far sì che tutto il lavoro fatto per mesi dia i suoi frutti in quei pochi minuti. La positività ce la metti sempre, devi raccogliere i sacrifici che hai fatto. La prima cosa che t’insegnano è la cultura della sconfitta, ne sei consapevole, non sei sempre la migliore. Una volta che la gara è finita, sei legittimata ad arrabbiarti, però. Saper perdere è una delle lezioni della vita, a scuola dovrebbero insegnarlo”.
Perdere la vista è un momento delicato per chi lo affronta, soprattutto per un’atleta, ma Assunta ha “allargato le braccia e detto ‘vieni a me’. Ho sempre saputo di avere questo nemico e un po’ amico con me. Ma ho fatto sport da quando ricordo, è la mia vita. Il destino non poteva vincere”.
Dopo poco più di una settimana dalla notizia della perdita della vista, è arrivata per Assunta la chiamata del comitato paralimpico: “il mondo paralimpico è la mia seconda vita, ma all’inizio non è stato facile con la cecità”. In quel periodo, quando le difficoltà ci mettono alla prova, l’atleta perde anche la madre: “Dovevo proseguire perché lei vedeva un seguito nella mia carriera, glielo dovevo. Ho preso la medaglia alle Paralimpiadi per lei. Prenderla è stato liberatorio”. I due ori a Rio e il record del mondo nel peso sono arrivati dopo due anni: “Nel momento esatto del lancio, sapevo già che era record”.
Il viaggio di Assunta prosegue con successi su successi: 17,30 metri al Meeting di Padova, il nuovo record europeo nel lancio del disco, e una serie di medaglie d’oro che adornano la sua carriera come stelle in una notte luminosa. Il Collare d’oro al merito sportivo, ricevuto nel 2014, è il sigillo su una vita di eccezionali conquiste.
Da quello che è possibile sentire dai racconti di Assunta, si può affermare che il mondo paralimpico è molto cambiato, negli ultimi anni. Ogni edizione ha apportato delle modifiche e una nuova visione. “All’inizio ho percepito differenze fra i due mondi sportivi, adesso ce ne sono pochissime. I primi tempi in cui ho iniziato a gareggiare con gli atleti paralimpici, notavo che venivano considerati solo come persone disabili che usavano lo sport come ricreazione. Adesso posso invece dire, con molto piacere, che in confronto agli atleti senza disabilità, c’è un’attenzione in più verso di noi, durante gli allenamenti. Nel 2012 abbiamo avuto uno tsunami di vittorie – l’ottica doveva per forza cambiare – e mi piace pensare che quella medaglia in più sia stata la mia”.
Il racconto di Assunta continua svelandoci aspetti inattesi all’interno dei villaggi olimpici, dove succedono cose leggendarie: “A Rio condividevo la camera con l’atleta Martina Caironi. Stavamo per dormire, ma sentiamo delle urla provenire dal nostro villaggio olimpico – la città in miniatura messa a disposizione per gli atleti – e Martina va a controllare. Dopo un po’ si gira e mi dice che non avrei mai potuto immaginare la scena che stava accadendo: dei giocatori non vedenti che giocavano al buio a calcio. Un’altra volta, mentre giravamo per il villaggio, abbiamo sentito degli atleti non vedenti giocare a calcio balilla. Praticamente giocavano sentendo il solo suono della pallina. Quanto abbiamo riso”.
Dopo un infortunio al tendine di Achille nel 2020, alle Olimpiadi di Tokyo, in ritardo di un anno per la pandemia di Coronavirus, Assunta torna più forte che mai, conquistando l’argento nel lancio del disco. Ancora una volta dimostrando la sua resistenza, passione e talento.
Dalle risate e dai colori di Rio 2016 però, a Tokyo 2020 si è dovuti per forza di cose passare ad un ambiente più freddo e asettico: “girare con mascherine. Fare test tutti i giorni. Le altre città che in passato avevano ospitato i Giochi erano piene di gente, Tokyo era spettralmente vuota. Non dava agli atleti l’impressione di stare davvero lì e giocarsela. Giravo per la città e mi chiedevo: cos’è tutto questo silenzio?”.
Ma ora, il calore e le voci sono tornate per le attesissime Olimpiadi di Parigi 2024, in cui le Paralimpiadi inizieranno mercoledì 28 agosto e Assunta molto probabilmente parteciperà: “È un iter lungo. Sono qualificata, ma bisogna aspettare la convocazione. Andrò lì e non per fare la figurante. Mi piacerebbe riprendermi il titolo nel peso – una categoria in cui Assunta non ha rivali – e nel lancio del disco vedremo cosa succederà”.
Con una già lunghissima carriera alle spalle, i consigli sono tutti per i giovani che si avvicinano al mondo dello sport, “A loro direi di farlo per sé stessi e a volte sarebbe meglio parlarne con i genitori e frenare un po’ i loro interessi; devono essere scelte personali dei giovani, senza condizionamenti, come spesso accade. Ad esempio, io in atletica sono brava, nata per questo, lo faccio con il sorriso, anche ora che ho quarantasei anni. Però ho dovuto sbatterci la testa da sola, all’inizio vedevo solo la pallavolo”.
Legnante, esempio di virtuosismo sportivo, insegna molto ai giovani atleti paralimpici che si apprestano a intraprendere la carriera e, insieme ad altri atleti, porta la propria esperienza e la concreta possibilità di vita in giro per le scuole. “Alcuni giovani sono già dei talenti precoci perché hanno potuto vedere che questo sogno si può realizzare”.
Avvicinare i giovani allo sport porta esclusivamente benefici, sia fisici che mentali, anche e soprattutto per chi ha una disabilità: “Per avvicinare un ragazzo disabile allo sport, direi innanzitutto di non piangersi addosso”. Ma di nuovo, “l’importante è dirlo ai genitori, perché – e questo succede ancora oggi – in alcuni posti la disabilità è vista come vergogna. E non deve più essere così”.
Per approfondire gli allenamenti e la prossima avventura a Parigi dell’azzurra Assunta Legnante, è possibile seguire i suoi account, anche se lei si dichiara “poco social. Pubblico pochissimi contenuti e ricevo sgridate continue dalle federazioni. Ma io sono una più da campo che da fuori campo”.
(Angelica Irene Giordano)