Dall’uso all’abuso, dall’attività piacevole alla ragione di vita. Sono tante le sostanze e le attività che possono causare dipendenza
Negli ultimi quattro mesi, attraverso una serie di articoli, abbiamo esplorato il doloroso mondo delle dipendenze. Dopo aver approfondito quelle più diffuse (alcol, gioco d’azzardo, fumo, Internet, cibo, affetti e droghe), chiudiamo questo viaggio con una carrellata di altre dipendenze meno note ma non meno subdole.
È opportuno chiarire in questa sede che cosa si intende per “dipendenza”. Ognuno di noi ha delle attività che ritiene piacevoli ed è del tutto lecito dedicarvisi, sempre conosci degli eventuali effetti che tale pratica può avere sulla nostra vita. Ci si concede un brindisi con gli amici durante una cena, per esempio, consci che le nostre percezioni saranno alterate e non saremo in grado di guidare con la dovuta attenzione. Per alcuni soggetti, però, la pratica a cui ci si dedica diventa indispensabile al punto da perdere il controllo relativamente alle occasioni, alla frequenza e alla durata della sua fruizione: sono questi i casi in cui si parla di “dipendenza”.
Le dipendenze sono tante e legate agli ambiti più disparati, ma si possono distinguere in due grandi gruppi: quelle da sostanze e quelle comportamentali. Le prime sono legate all’assunzione di sostanze psicotrope, ovvero che modificano lo stato psichico di chi ne fa uso. Verranno subito alla mente esempi di sostanze illegali quali la marijuana o la cocaina, ma tra queste possiamo annoverarne altre lecite e di uso frequente, come ad esempio il caffè o gli antidolorifici. Il secondo gruppo di dipendenze non ha a che fare con le sostanze, bensì con comportamenti e abitudini, che si trasformano in vere ossessioni: l’utilizzo dello smartphone, la cura dell’aspetto estetico o i rapporti interpersonali, tanto per citarne alcune.
Esiste una serie di sintomi caratteristici che accomunano tutte le dipendenze, riscontrati i quali è possibile stabilire che si è in presenza di un problema. Vediamo quali sono.
Ossessione: detta anche “craving”, si tratta di un intenso desiderio della cosa dalla quale la persona dipende. Sono presenti pensieri e fantasie cronici e ossessivi. Spesso ciò interferisce con la vita quotidiana, la produttività, le prestazioni lavorative e la vita privata. Tolleranza: il comportamento deve intensificarsi ed essere ripetuto sempre più spesso per ottenere l’effetto desiderato. Astinenza: grande sofferenza se il comportamento patologico viene interrotto. Tentativi fallimentari di smettere: la persona prova una totale incapacità di fermare o controllare i suoi comportamenti. Sentimenti negativi: senso di abbandono, solitudine, ansia, rabbia, irritabilità. Ma soprattutto depressione, che può essere sia la causa che l’effetto della dipendenza, in un circolo vizioso di solitudine e smarrimento. Rapporti esasperati: sono frequenti liti e incomprensioni con familiari, congiunti, amici. La persona tende a farsi terra bruciata intorno. Comportamenti difensivi: non si accettano critiche, si inventano scuse, ci si difende in tutti i modi per proteggere la dipendenza. Negazione o autoinganno: è altamente improbabile che la persona ammetta, a se stessa o agli altri, di avere un problema. Menzogna: per la persona con dipendenza le bugie sono all’ordine del giorno, sia per ottenere l’oggetto del desiderio, che per nascondere il proprio disturbo. Comportamenti a rischio: la persona perde i freni inibitori e si pone in situazioni di pericolo per la sua salute o per quella altrui (avere rapporti sessuali con diverse persone e senza protezione, procurarsi denaro in maniera illecita eccetera). Danni per la salute: mal di testa, insonnia, mal di schiena, problemi di vista, aumento o diminuzione di peso. Nei casi peggiori si può incorrere in danni spesso irreversibili agli organi interni, in particolare ai polmoni, il cuore, il fegato e i reni. Sono frequenti la polmonite, il cancro, la cirrosi epatica e i danni al sistema cardiocircolatorio, nonché quelli a livello psichiatrico. Cambiamenti somatici: in taluni casi si modificano i tratti fisici. Si può dimagrire molto, per esempio, a causa dell’alcol o perdere i denti per via dell’eroina.
Le dipendenze sono dannose non solo per le persone che le manifestano, ma anche per i loro genitori, figli, amici, compagni, mariti e mogli, che vengono spesso risucchiati in un vortice di incomprensioni, liti e frustrazioni. È comunque opportuno sottolineare che i soggetti che hanno una o più dipendenze, non vanno colpevolizzati, ma compresi, superando pregiudizi e luoghi comuni. Le dipendenze non sono errori, brutte abitudini, modi di fare sbagliati: sono malattie mentali e chi le vive va sostenuto.
Liberarsi di una dipendenza è possibile, soprattutto con il prezioso contributo dei propri cari poiché, come detto in precedenza, è molto difficile che la persona dipendente ammetta di avere bisogno di aiuto. Saranno dunque amici e parenti a giocare un ruolo fondamentale nel percorso di guarigione, sostenendo e incoraggiando la persona, la quale potrà rivolgersi a diversi tipi di terapia. Ottimi risultati sta dando la psicoterapia e in particolare la cosiddetta “terapia cognitivo-comportamentale”. Molto utili anche le terapie farmacologiche sotto lo scrupolosa guida di uno psichiatra, che si vanno ad affiancare alla psicoterapia. Importanti, infine, i trattamenti di gruppo, con il supporto del partner, della famiglia o della comunità per aiutare il paziente a raggiungere l’astinenza.
Concludiamo, dunque, con una breve panoramica di dipendenze che non abbiamo trattato nei capitoli precedenti, alcune delle quali davvero insospettabili.
Caffè: la tazzina di cui non si riesce a fare a meno
La caffeina è un tonico naturale presente negli energy drink, nel cioccolato e naturalmente nel caffè. Si stima che in una tazzina di caffè espresso ve ne siano 100 milligrammi, mentre nel caffè americano 260. Studi scientifici dicono che non se ne dovrebbero assumere più di 5 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno, il che significa, per una persona che pesa circa 60 chili, tre tazzine di caffè espresso o una di caffè americano. C’è chi supera tale limite e non ha la capacità di mantenersi al di sotto di esso, passando dal consumo all’abuso: è in questi casi che si può parlare di dipendenza da caffeina, caratterizzata dai sintomi psichici e fisiologici presenti anche in altre dipendenze, come la tolleranza e l’assuefazione, che portano sofferenze importanti in caso di astinenza, dalla stanchezza all’emicrania, dalla difficoltà di concentrazione all’irritabilità, passando per i dolori muscolari e le vertigini.
Bevande gassate: dissetante ossessione
Parliamo di quelle alla cola, ma non solo, incluse quelle energizzanti e quelle “dietetiche”, che provocano altrettanti danni alla salute, se non di più. Le bibite gassate possono creare dipendenza perché sono effettivamente progettate con questo scopo. In una lattina della più popolare bibita alla cola, infatti, troviamo un mix di ingredienti che comprende una dose di caffeina (stimolante di cui il nostro cervello è ghiotto), zucchero pari a dieci cucchiaini (responsabile del rilascio di dopamina) oppure dolcificanti artificiali (che generano il bisogno di assumere ulteriori dosi). A tutto questo aggiungiamo l’anidride carbonica (le bollicine che rendono l’esperienza più gratificante) e otteniamo la combinazione perfetta per una nuova dipendenza.
Chirurgia estetica: alla costante ricerca di un’ideale di bellezza irraggiungibile
Il ricorso alla chirurgia estetica per correggere imperfezioni o migliorare aree anatomiche lesionate è da anni sdoganato. Chi vive con disagio la propria immagine e tenta di recuperare la propria autostima, si rivolge sempre più spesso alle “punturine” per distendere le rughe sul viso, alla mastoplastica additiva per aumentare il volume del seno, al trapianto per recuperare i capelli perduti o alla liposuzione per eliminare il grasso in eccesso. Non sono rari, tuttavia, i casi in cui a seguito del primo intervento si ritorni ripetutamente e sistematicamente dal chirurgo per ulteriori modifiche del proprio corpo, mascherando questa dipendenza comportamentale con la convinzione di perseguire la bellezza ideale. In questi casi si parla di “dismorfismo corporeo”, una condizione psichiatrica caratterizzata da un’eccessiva preoccupazione per difetti fisici minimi o addirittura inesistenti, che vengono percepiti dal paziente e causano un grave disagio. Sono queste le basi di una dipendenza che porterà chi ne soffre a ricorrere più volte a interventi estetici, che puntualmente la lasceranno insoddisfatta in quanto il reale problema non risiede nell’esteriorità della persona, bensì nella sua psiche.
Tanoressia: quando non si è mai abbastanza abbronzati
L’ossessione per l’abbronzatura è chiamata in termini medici “tanoressia”, parola ibrida formata da “tan” (“abbronzatura” in inglese) e “anoressia” a causa di aspetti in comune con questo disturbo. Chi ne soffre, infatti, è critico verso il proprio fisico in modo ossessivo-compulsivo, proprio come chi soffre di anoressia. La tanoressia colpisce una donna su cinque e oltre 11 milioni di persone solo in Italia. Si sviluppa più di frequente in soggetti con tendenze al perfezionismo o che presentano altre forme di dipendenza (da fumo, alcol o altre droghe). Chi soffre di questa dipendenza si espone con insistenza al sole, perennemente insoddisfatta del proprio colorito, evitando le protezioni solari e ricorrendo talvolta alle lampade abbronzanti, all’eterna ricerca di un colorito che non riesce a ottenere. Alla base di questa dipendenza ci sono motivi biologici (carenza di serotonina e dopamina) e psicologici: la pelle è una sorta di nostro biglietto da visita, perciò, in presenza di un conflitto tra l’aspetto reale e quello che si vorrebbe avere, si creano le condizioni ideali per lo sviluppo di questo disturbo.
Piercing e tatuaggi: l’irresistibile desiderio di incidersi la pelle
La pratica di decorare il proprio corpo con piercing e tatuaggi è ultimamente molto diffusa. Alcuni soggetti, però, non si limitano ad un orecchino o a un tatuaggio, ma continuano a incidere la propria pelle, con o senza inchiostro, senza soluzione di continuità. Dietro questa compulsione ci sarebbe una spiegazione biologica: durante il tatuaggio o il piercing, il cervello produce endorfine, sostanze chimiche naturali associate alla felicità e al sollievo dal dolore. Altra sostanza che viene rilasciata è l’adrenalina, una risposta naturale al dolore e allo stress. Il mix di queste sostanze chimiche può creare una sensazione di eccitazione e spingere alcuni soggetti a rivivere l’esperienza più volte per riassaporare queste sensazioni forti.
Workaholism: il lavoro da cui non si stacca mai
“Il lavoro nobilita l’uomo”, recita un vecchio adagio, ma a tutto c’è un limite. Limite che non conosce il cosiddetto “workaholic” (gioco di parole in inglese che suona come “alcolizzato di lavoro”), persona che sviluppa una forte dipendenza da lavoro. Chi ne soffre dedica la maggior parte del proprio tempo al lavoro o ad attività ad esso collegate, mettendo in secondo piano relazioni, riposo, tempo libero e spesso salute fisica e mentale. Nella maggior parte dei casi il workaholic trova nel lavoro l’unica fonte di gratificazione e di affermazione della propria autostima, non avendone in altre aree della propria esistenza. Spesso è anche un tentativo inconscio di fuggire da vuoti affettivi, ansia da prestazione o bassa autostima, cosicché tramite il lavoro cerca di allontanare o gestire sensi di colpa, depressione o ansia. Le origini di questo disturbo sono talvolta legate a una personalità ossessivo-compulsiva e narcisistica, così come ad aspetti ambientali come una famiglia troppo rigida durante l’infanzia oppure a eventi stressanti come divorzi.
Cleptomania: la malattia del furto
La cleptomania è nota anche come “malattia del furto” ed è caratterizzata dall’impulso incontrollabile di rubare. In gran parte dei casi, i cleptomani rubano oggetti di cui non hanno realmente bisogno o che potrebbero permettersi di acquistare. La persona cleptomane spesso prova una tensione che si allevia solo quando commette questo atto. Il disturbo emerge solitamente durante l’adolescenza ed è più comune nel genere femminile. La dipendenza da furto è spesso una risposta incontrollata ad uno stato di stress ed è spesso associata ad altri disturbi, quali depressione, panico, ansia da separazione, dismorfismo corporeo, disturbo ossessivo compulsivo, abuso di droghe o alcol. Alcuni esperti suggeriscono che potrebbe esistere una predisposizione genetica per la cleptomania, tant’è che molte volte le persone cleptomani hanno familiari con gli stessi o altri disturbi mentali.
Tradimento: quel bisogno irrefrenabile di sentirsi desiderati
L’infedeltà all’interno di una relazione è un evento intenso e doloroso per chi lo compie e per chi lo subisce. Gli esperti distinguono cinque tipi principali di tradimento: emotivo, fisico, finanziario, della fiducia e della privacy. Per alcune persone, però, non si tratta di uno sporadico “incidente di percorso”, bensì di un atto reiterato: se tradiscono una volta, molto probabilmente lo rifaranno. La dipendenza da tradimento ha a che fare con i picchi di dopamina che il gesto può comportare, una sensazione di benessere che la traditrice o il traditore continua a ricercare non appena il nuovo rapporto si stabilizza. Secondo la psicanalisi, è il risultato di una storia personale e di una struttura psichica che predispone a cercare altrove ciò che non si trova nella relazione stabile. Alcune possibili cause del tradimento sono: la ricerca di una gratificazione narcisistica, ovvero il bisogno di sentirsi desiderati, apprezzati e confermati nella propria identità e autostima; la ripetizione di uno schema relazionale infantile, ovvero il tentativo di risolvere una situazione irrisolta o traumatica vissuta nell’infanzia con i genitori o le figure significative; la fuga da una relazione insoddisfacente, conflittuale o monotona.
Ipersessualità: il sesso come ragione di vita
Il sesso è parte della vita della maggior parte della popolazione ed è un’attività piacevole e positiva, considerata sana anche nei casi in cui viene praticata di frequente. Ben altra cosa è la dipendenza sessuale, detta anche “ipersessualità” o, in inglese, “sex addiction”, che si manifesta quando la persona perde il controllo sulla propria capacità di dire no e di scegliere. La dipendenza sessuale comprende un insieme di condizioni psicopatologiche caratterizzate da pensieri e fantasie sessuali intrusive associate a perdita di controllo della propria vita. Secondo gli studiosi, l’ipersessualità può essere il risultato di diversi fattori: storie di abusi, specialmente durante l’infanzia; attaccamento insicuro derivato da un’educazione rigida e affettività ridotta; presenza di un disturbo dell’attenzione e dell’iperattività non trattato; coesistenza con altre dipendenze, come quelle da sostanze, lavoro, gioco d’azzardo o shopping compulsivo; risposta all’ansia e alla depressione come metodo per allentare lo stress.
La sindrome del Like: quando i social prendono il sopravvento
I social media fanno parte della quotidianità della maggior parte delle persone, alcune delle quali però vivono la propria presenza online in maniera disfunzionale. Uno dei sintomi tipici di questa dipendenza è la cosiddetta “sindrome del Like”, ovvero l’atto di pubblicare foto, scrivere frasi, commenti e opinioni e aspettare con trepidazione i famigerati Mi Piace. All’origine di questa compulsione ci sono diversi motivi: per alcuni soggetti i social network sono l’ambiente prediletto per sfogare le proprie frustrazioni e i dispiaceri della vita personale; altri sono spinti dall’esibizionismo e dalla conseguente esigenza di ottenere popolarità e consensi; alcuni studi scientifici, infine, evidenziano che, nel momento in cui si riceve un Like, il cervello rilascerebbe dopamina, neurotrasmettitore coinvolto nei fenomeni di dipendenza.
(Manuel Tartaglia)