La descriminazione è doppia per gli stranieri in Italia
È notizia di pochi giorni fa e discussione di questo periodo il naufragio a Cutro, al largo della Calabria, che è costato la vita a più di settanta persone e che introduce un tema egualmente delicato sull’immigrazione delle persone con disabilità.
“I temi dell’immigrazione, così come quelli legati alla disabilità, sono da anni al centro dell’attenzione di molti studiosi, policy-maker e professionisti. Fino ad oggi, una minore attenzione è stata invece dedicata all’intreccio fra i due temi e in particolare ai rischi di discriminazione intersezionale cui vanno incontro le persone con disabilità e con un background migratorio o appartenenti a minoranze etniche svantaggiate; così come, per converso, alle risorse e opportunità specifiche di quel gruppo sociale”. In questo modo il fenomeno è spiegato dal comunicato stampa del convegno organizzato la scorsa estate dalle forze congiunte della Fondazione Ismu, Ledha – Lega per i diritti delle persone con disabilità ed Espanet Italia e basato sugli studi dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp).
Sono circa 199mila i migranti che presentano una qualche forma di disabilità presenti sul territorio italiano. E 726mila sono quelli con malattie croniche. Il problema di chi vive in un luogo senza la cittadinanza, sta emergendo solo ultimamente per l’età avanzata di chi ha deciso in passato di percorrere deserti e mari e che adesso sta invecchiando nel paese in cui si è stabilito. Persone, quindi, dalla salute successivamente precaria, che è andata peggiorando e che per questo richiedono una forte attenzione sanitaria e una crescente domanda di assistenza per bisogni sempre più complessi. Difficile però, quando l’immigrato non è regolarmente iscritto nei registri italiani. Ciò non succede quando una persona è riconosciuta come disabile prima di entrare nel paese ospitante, “godendo”, quest’ultima, di una protezione speciale fondata sul proprio diritto alla salute. Ma la cittadinanza è stata ed è anche e soprattutto discriminazione, con o senza disabilità. È del 2017 il caso di una minore straniera con una patologia per cui non poteva recitare il giuramento obbligatorio per richiedere la cittadinanza, che in questa condizione non poteva ottenere. “Il caso – secondo il professore di diritto costituzionale Giuseppe Arconzo – rappresenta la tipica situazione in cui due fattori potenzialmente discriminatori si intersecano, dando così vita ad una discriminazione multipla […], la discriminazione che trae origine da un determinato fattore di rischio discriminatorio (genere, razza, credo religioso, disabilità, orientamento sessuale) si incrocia e si somma con un altro fattore tipicamente discriminatorio”. Da qui in poi sono stati fatti dei passi avanti: persone con grave disabilità fisica e mentale possono esimersi dal giuramento ed essere accolti come cittadini italiani, seguendo comunque un iter di richiesta. Ma le discriminazioni non si sono mai realmente concluse nonostante negli ultimi anni il livello di accoglienza e cura delle persone migranti con disabilità in Italia risulti almeno sufficiente.
Come stavamo dicendo, però, il problema delle malattie che sopraggiungono dopo decenni nei migranti della terza età e che non sono quindi seguite adeguatamente, rimane e sta diventando una tendenza sempre più preoccupante e presente in tutta Europa. Il fenomeno pone questioni ineludibili per quanto riguarda l’accesso alle cure e ai servizi sanitari di questi individui, che scontano uno svantaggio maggiore rispetto a quello di un cittadino regolare italiano.
(Angelica Irene Giordano)