Una petizione chiede la fine di questa pratica nel nostro continente
“Riesci a immaginare di svegliarti un giorno e di essere sterilizzato senza il tuo consenso?”. Questa è la domanda che viene rivolta ai visitatori della petizione lanciata sul sito YouMoveEurope. La petizione chiede di non permettere più una sterilizzazione su soggetti non consenzienti, come purtroppo ancora accade in Stati europei e culturalmente avanzati come la Croazia, la Francia e la Germania. Il sito è stato creato per denunciare maltrattamenti o lacune del sistema europeo e cercare, attraverso le petizioni suggerite dai cittadini europei, di cambiare alcune cose o almeno di farle conoscere a più lettori possibili.
Quello delle sterilizzazioni forzate delle persone con disabilità è ritenuto un problema da quasi quarant’anni. È un tema molto delicato, che ogni tanto torna in risalto sulle pagine della stampa internazionale, ma senza riscuotere grandi soluzioni. Adesso il Forum Europeo sulla Disabilità (EDF), che si occupa di fornire una voce in Europa per i suoi cento milioni di abitanti con disabilità, ha lanciato una petizione per la sensibilizzazione ed il fermo di questa pratica inumana. La richiesta da sottoporre al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione Europea, vedrebbe idealmente l’annessione della problematica alla Direttiva riguardante la violenza sulle donne e domestica, proposta già l’8 marzo scorso.
La sterilizzazione obbligatoria o forzata è la soppressione premeditata ed irreversibile della fertilità di un individuo. La pratica ha avuto inizio nel Novecento negli Stati Uniti e successivamente nella Germania nazista. Teoria figlia dei suoi tempi e degli esperimenti di eugenetica, era questa la pratica volta ad impedire la riproduzione dei membri della popolazione considerati portatori di difetti genetici o ritenuti tali. Una delle scusanti per autorizzare la sterilizzazione era che venisse utilizzata anche come una forma terapeutica per chi possedeva dei tratti sessuali considerati patologici, risultando punitiva per i criminali.
Donne native americane, portatori di handicap fisici e mentali, persone con interessi sessuali fluidi o socialmente condannabili, etnie considerate “sbagliate”, impure. In comune hanno una storia di cent’anni di sterilizzazioni coercitive.
Nonostante la sterilizzazione forzata ed estesa a intere tipologie di individui sia stata una pratica considerata crimine verso l’umanità, è un’operazione ancora praticabile e riguarda diverse categorie oltre a quella della disabilità. Ad esempio, in alcuni paesi come l’Uzbekistan è comune costringere le persone transgender alla sterilizzazione.
La sterilizzazione delle persone con disabilità (e non) ha quindi radici antiche, ma le storie che ci giungono sono abbastanza recenti e da ogni parte del mondo. Come, ad esempio, il Giappone, che rese questa operazione perfettamente legale nel 1948 e modificata solo ventiquattro anni più tardi, nel 1996, e che impegnava medici ed autorità locali ad impedire la procreazione a chi avesse disabilità fisiche, psichiche o intellettuali. Solo adesso, è stata più o meno fatta giustizia, con lo Stato nipponico impegnato in risarcimenti alle persone costrette all’operazione. In quegli stessi anni in Italia si compivano circa cinquecento sterilizzazioni coattive all’anno. Nel nostro paese, a differenza del Sol Levante, così tante persone venivano sottoposte alla sterilizzazione non tanto per motivi di eugenetica (nonostante la presenza di assertori di tale teoria nel nostro Paese), ma per riservarla principalmente a persone con deficit psichici. Il ricovero e la sterilizzazione avvenivano con il rilascio del consenso delle famiglie. Famiglie preoccupate che la propria figlia con patologie mentali potesse procreare. “Figlia” perché sì, le donne sono da sempre le principali vittime di questa pratica. Situazione, questa, legata a doppio filo con la disabilità e la violenza.
Ma quali sono questi pregiudizi per cui soprattutto le donne non dovrebbero riprodursi? Le motivazioni sono spesso di tipo pratico; la gestione delle mestruazioni è una di queste, oppure adducendo una difficoltà maggiore che i genitori disabili riscontrerebbero crescendo dei figli (nonostante molti studi sull’argomento non abbiano evidenziato una correlazione fra cattiva genitorialità e disabilità). Un’altra motivazione inserita in questa narrazione è quella per cui le donne con disabilità dovrebbero venire protette da eventuali abusi, non avendo le capacità per difendersi e rischiando di rimanere incinte. Eppure, esiste una vastissima testimonianza medica e legale dell’intervento, ma pochissime sono quelle delle ragazze che hanno subito questa pratica brutale e invasiva, lasciate sole nel silenzio.
L’Italia negli ultimi nove anni si è adeguata agli standard delle disposizioni contenute nella convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2016, in cui veniva richiesta l’abrogazione di tutte le leggi che permettevano di somministrare trattamenti medici, inclusa la sterilizzazione, senza il consenso libero ed informato della persona che dovrebbe riceverli (Legge dello Stato 18/09). Ma la strada da percorrere in Europa è ancora lunga.
Ed ora ripetiamo: “Riesci a immaginare di svegliarti un giorno e di essere sterilizzato senza il tuo consenso?”.
Per ulteriori informazioni: https://www.edf-feph.org
(Angelica Giordano)