“Eutanasia”, “Legge sul fine vita”, “suicidio assistito”, “cure palliative”, “sedazione profonda”: temi sempre attuali e di estremo interesse, dopo la bocciatura del referendum sull’eutanasia in Italia
“Sono stata disarmata dalla decisione della Corte costituzionale. È stato un colpo molto duro”. Così la vedova del giornalista Piergiorgio Welby, intervenendo via web lo scorso 17 febbraio alla riunione dei soci UILDM di Chivasso, ha commentato la recente bocciatura del referendum sull’eutanasia della Corte Costituzionale. Presenti online, anche soci UILDM collegati da altre sedi italiane.
Mina Welby, che è anche co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni, insieme a Marco Cappato, è nota per le sue interminabili battaglie sul tema del fine vita. Suo marito Piergiorgio, frequentatore della UILDM e con una gravissima forma di distrofia muscolare che tutti ricordiamo, nel dicembre del 2006 chiese e ottenne il distacco dalle macchine e la sedazione profonda.
La bocciatura. Il 15 febbraio 2022 il Referendum “Eutanasia Legale” è stato dichiarato inammissibile. La Corte costituzionale lo ha bloccato perché, modificare l’art. 579 del Codice Penale come richiesto, non avrebbe più garantito la tutela necessaria “della vita umana”.
Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, già lo scorso gennaio aveva dichiarato alla stampa che “se passasse il referendum ognuno potrebbe incaricare un’altra persona di togliergli la vita, anche solo per una delusione amorosa o perché depresso”.
La proposta, di oltre 1 milione di persone firmatarie, mirava a legalizzare l’eutanasia, fermo restando il reato di omicidio quando il consenziente è minorenne, si trova in stato di deficienza psichica per malattia o abuso di sostanze, quando il consenso è stato estorto con violenza, minaccia e suggestione.
In Italia esiste già una legge sul fine vita, praticabile a malati irreversibili e tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale che abbiano esplicitamente rifiutato le cure palliative, perciò il referendum si proponeva di estendere il diritto di scegliere come morire anche a malati oncologici e terminali non necessariamente collegati a delle macchine, come invece prevede la legge sul fine vita, entrata in vigore il 31 gennaio 2018 in accordo col dettato costituzionale, che riconosce che nessuno può essere obbligato ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà e prevede altresì che la libertà personale è inviolabile.
Le differenze concettuali. L’eutanasia consiste nel procurare, tramite specifiche azioni, la morte di un malato “allo scopo di alleviarne le sofferenze”.
Il suicidio assistito è una scelta consapevole che avviene mediante l’auto-somministrazione di dosi letali di farmaci facendosi aiutare da un medico (in questo caso si parla di suicidio medicalmente assistito) o da un’altra figura che rende disponibili le sostanze necessarie.
La sedazione palliativa è la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di eliminare la percezione di un sintomo intollerabile per il paziente e la morte avviene dopo alcuni giorni. Attualmente, solo la sedazione profonda è legale in Italia.
Nel suicidio assistito si usano barbiturici ad alte dosi e la morte avviene in mezz’ora dalla somministrazione.
Nell’eutanasia e nel suicidio assistito l’intenzione è di porre termine alla vita, nel caso della sedazione palliativa è di dare sollievo dalla sofferenza.
Il dibattito bioetico. Nel suo documento Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito, il Comitato nazionale di bioetica ha evidenziato il ruolo delle cure palliative come alternativa all’eutanasia, per impedire che la morte medicalmente assistita diventi sinonimo di un’inadeguata assistenza sanitaria o che la sospensione dei trattamenti venga equiparata ad una forma di eutanasia passiva.
L’Associazione Luca Coscioni e le altre, richiedono che il fine vita garantisca la libertà di decidere al paziente e non al medico che, ricevuta la richiesta della sedazione profonda, si esprime a favore oppure no.
Il Papa sostiene che la vita “va accolta e non somministrata” per non creare dei “pazienti di scarto”.
Salvini si dice dispiaciuto per la bocciatura del referendum, ciò per Letta deve “spingere la Corte Costituzionale ad approvare la legge sul suicidio assistito”, Sinistra Italiana appoggia la “battaglia di civiltà” delle associazioni unite alla Luca Coscioni, che non accetta che “a definire quando la vita sia vita o mera sopravvivenza (se non addirittura vita obbligata) sia qualcuno di diverso dal paziente, laddove ci si trovi a vivere una condizione irreversibile che si preferirebbe evitare”. Marco Cappato e Mina Welby hanno dichiarato che non lasceranno nulla di intentato: dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari, perché le vite in gioco sono tante e le condizioni diventano spesso inumane per i malati e per i loro cari.
(Giuseppina Brandonisio)