Un normalissimo volo aereo da Bari a Cagliari, si è trasformato in “un’amputazione” per Anita Pallara, giovane donna con Sma (atrofia muscolare spinale), attivista e presidente nazionale dell’associazione FamiglieSMA
Martedì 6 giugno, Anita Pallara, trentaduenne con atrofia muscolare spinale (SMA) e presidente nazionale di FamiglieSMA onlus, si appresta a salire sull’aereo che la porterà da Bari a Cagliari. Sbrigate le macchinose questioni burocratiche che deve affrontare ogni passeggero con disabilità motoria e che necessita, per muoversi, di una carrozzina (nel caso specifico si tratta di una carrozzina elettronica), avviene il tanto agognato imbarco sull’aeromobile.
Dopo l’atterraggio, però, si materializza l’incubo di ogni passeggero che usa una carrozzina: l’ausilio della presidente Pallara è totalmente inutilizzabile.
Arrivo a Cagliari e mi ritrovo con una carrozzina completamente inutilizzabile”.
È la denuncia di Pallara, che aggiuge: “Sono lontana da casa, non mi posso muovere e la mia carrozzina nuova, per un banale volo aereo, è distrutta“.
Attraverso la sua pessima esperienza, la presidente riapre il dibattito sul trattamento di “sfavore” riservato dalle compagnie aeree a tutti i passeggeri con una disabilità che richieda ausili ingombranti che devono essere sistemati in stiva.
Nello specifico, Ryanair, nota compagnia a basso costo irlandese, non possiede, nelle proprie stive, uno spazio dedicato ai “carichi speciali”, che vengono imbarcati come qualunque bagaglio.
“Le carrozzine non sono oggetti – continua Pallara -. È come se improvvisamente mi avessero tagliato le gambe e le braccia, senza avvertirmi, senza anestesia. È un dolore e una violazione dei propri diritti e del proprio corpo inimmaginabile”.
La presidente, attivista e profonda conoscitrice delle criticità legate al mondo della disabilità, sottolinea che, quello del maltrattamento degli ausili per disabili, è un problema sempre esistito e troppo taciuto.
“L’unica cosa buona di questa faticosissima vicenda – conclude Pallara – è che forse sta dando visibilità ad un problema enorme e spesso non conosciuto”.
Si spera che, in un Paese affranto e solidale per l’infortunio di un calciatore, fiorisca maggiore sensibilità verso queste situazioni che non possono essere risolte da un intervento chirurgico.
(Giuseppe Franchina)