Secondo uno studio dell’università Bicocca di Milano, l’eccessiva attenzione prestata al proprio smartphone o dispositivo mobile in presenza dei figli peggiora le relazioni familiari e ha possibili ripercussioni sul benessere psicologico di ragazzi e ragazze
La tecnologia mobile è stata, ed è, sicuramente molto importante per mantenere i rapporti interpersonali in questo difficile momento storico-sanitario. Basti pensare alle categorie di persone più “fragili” che, essendo più isolate per cautelare la propria salute, hanno imparato ad usufruire di questi “espedienti tecnologici” per colmare la lontananza di amici e parenti.
Risulta, però, da uno studio di Milano-Bicocca, appena pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships, che l’uso pervasivo dei congegni digitali, anche durante i momenti riservati tradizionalmente alle relazioni, avrebbe ripercussioni negative sul benessere psicologico dei giovani, in particolare degli adolescenti.
Lo studio, dal titolo “Mom, dad, look at me: The development of the Parental Phubbing Scale” (qui la pubblicazione originale), è il frutto della collaborazione multidisciplinare tra ricercatori del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca – Luca Pancani e Paolo Riva – e di Sociologia e ricerca sociale dell’ateneo – Tiziano Gerosa e Marco Gui.
Tale pubblicazione approfondisce le ricadute del fenomeno denominato “phubbing” (termine composto da “phone”, telefono cellulare, e “snubbing”, snobbare) ovvero la pratica di ignorare i propri compagni o compagne per prestare attenzione al proprio telefono o altro dispositivo mobile e che è solo un sintomo della nostra crescente dipendenza dai telefoni cellulari e da Internet.
I risultati della ricerca hanno confermato l’ipotesi di partenza dei ricercatori: gli adolescenti che si sentivano maggiormente vittime di phubbing da parte dei loro genitori, si percepivano anche più distanti da essi, socialmente disconnessi, ignorati ed esclusi. Grazie a quest’ultimo punto i ricercatori hanno quindi potuto legare lo studio di un fenomeno nuovo (il phubbing) alla lunga tradizione di ricerca sulle esperienze di esclusione sociale che, come è noto in letteratura, possono avere ripercussioni molto negative su chi le subisce, che possono spingersi fino allo sviluppo di sintomi depressivi e al suicidio.
“Il phubbing è un fenomeno che si caratterizza a tutti gli effetti come forma di esclusione sociale, in particolare di ostracismo, ossia essere ignorati, diventare invisibili e sentirsi non esistenti in un dato contesto – spiega Luca Pancani, psicologo sociale -. Il phubbing è particolarmente importante da studiare perché l’ubiquità dello smartphone fa sì che questo fenomeno di ostracismo possa essere agito da chiunque e in qualsiasi momento, accrescendo enormemente la possibilità di conseguenze negative per chi lo subisce. Ciò assume una importanza ancora maggiore nella relazione genitori-figli, in cui lo stile parentale e la responsività alle richieste dei figli rivestono un ruolo cruciale nello sviluppo adolescenziale”.
“Pur essendo ormai radicato in molteplici ambiti relazionali, incluso quello familiare – aggiunge Tiziano Gerosa, sociologo – il phubbing rimane un fenomeno relativamente recente e non ancora regolato da esplicite norme sociali (come, ad esempio, quelle che indicano in che modo “dobbiamo” comportarci a tavola, porci nei confronti del prossimo o esprimerci in determinate situazioni). La ricerca su questo tema, e la conseguente diffusione dei suoi risultati, possono incidere molto sulla costruzione di norme sociali che pongano dei limiti al phubbing anziché accettarlo indiscriminatamente”.
I ricercatori sostengono di essere solo all’inizio della ricerca sul phubbing genitoriale e hanno in mente una serie di studi futuri, tra i quali l’indagine della circolarità del fenomeno: non sono solo i figli a subire phubbing dai genitori, ma anche i genitori a subirlo dai figli e ciò andrebbe ad alimentare un circolo vizioso e la costituzione di una norma sociale che potrebbe favorire il phubbing e, quindi, accrescere le sue ripercussioni all’interno dell’intero contesto familiare.
(Giuseppe Franchina)