Giornata Mondiale di Sensibilizzazione sulla Distrofia dei Cingoli: in questa occasione conosciamo chi convive con questa patologia
Sharon Paolicelli ha trent’anni e vive a Varese. Spigliata ed estroversa, ha calcato alcune passerelle e sogna di fare la modella a tempo pieno. FinestrAperta.it la promuove a nostra testimonial in questo 30 settembre, dove in tutto il mondo si celebra la Giornata di Sensibilizzazione sulla Distrofia dei Cingoli.
“In realtà non ho ancora una diagnosi esatta, me la dovranno dare nei prossimi mesi, ma il sospetto è forte perché ho i tipici sintomi di questa malattia”, ci spiega.
“I miei primi sintomi si sono manifestati a sei anni. I miei genitori cominciarono a notare che mi affaticavo molto facilmente e così, messi in allarme, mi fecero fare dei controlli. Inizialmente mi diedero come diagnosi una Sma. Fino a qualche anno fa, quando tramite esami specifici ho scoperto che la malattia che ho non è quella”.
Attualmente com’è il tuo quadro clinico?
“Ho smesso di camminare a diciassette anni; attualmente mi muovo con una carrozzina elettronica. Nel tempo la mia salute è andata peggiorando. Pochi mesi fa ho smesso di mangiare da sola con le mie mani… Però non mi faccio assolutamente abbattere!”.
Infatti Sharon è una persona molto attiva. Attualmente è alla ricerca di un lavoro stabile, e nel frattempo fa la volontaria al Centro Clinico Nemo di Milano. E poi c’è l’attività di modella: “Ho fatto varie sfilate, tra cui una a Palazzo Marino durante la Milano Fashion Week: è stata un’emozione indescrivibile. Poi ho preso parte ad un progetto con la UILDM chiamato ‘Diritto all’Eleganza’, che vuole mostrare che l’eleganza è un diritto di tutti, e adesso c’è in programma un libro sulle donne con disabilità, prossimamente in uscita”.
Ti piacrebbe fare di questa tua passione un lavoro a tempo pieno?
“Magari! Voglio battermi per questa cosa, cioè far arrivare la voce anche ai più grandi stilisti e convincerli a far sfilare anche modelle disabili perché anche su una carrozzina si può sfilare benissimo, come sto cercando di dimostrare attraverso le mie pagine Instagram e Facebook“.
Il 30 settembre si celebra la Giornata di Sensibilizzazione sulla Distrofia Muscolare dei Cingoli, patologia poco conosciuta persino da ricercatori, operatori sanitari e pazienti. Quanto è stato difficile per te il percorso per arrivare ad una diagnosi?
“Inizialmente ero seguita da un noto ospedale dove, come dicevo, mi fu diagnosticata la Sma, ma io stessa notavo di avere sintomi simili, ma non uguali a chi aveva questa malattia. Visto che in questo ospedale non riuscivo ad ottenere una risposta ai miei dubbi, mi sono trasferita al Centro Clinico Nemo di Milano. Là ho fatto l’esame del DNA per confermare se avessi una Sma, ed è risultato negativo. Durante l’ultimo day hospital mi è stato detto che c’è la possibilità che io abbia una distrofia muscolare dei cingoli, il che conferma i miei sospetti perché conosco delle persone che la hanno ed io ho i loro stessi sintomi. Attualmente sono in attesa della diagnosi definitiva”.
Puoi raccontare a chi non la conosce che cosa significa vivere con una distrofia dei cingoli?
“Vuol dire avere bisogno di una persona che ti aiuti a fare anche le cose di tutti i giorni. Cose che per molti sono scontate. Per esempio, una delle ultime cose che ho perso è la capacità di mangiare con le mani, quindi ho bisogno di qualcuno che mi aiuti anche per mangiare. Cose ‘stupide’ come schiacciare un tasto, per me sono impossibili. Ricordo comunque che dipende dai casi, alcuni sono più gravi e altri meno”.
Qual è il tuo augurio per questo 30 settembre?
“L’augurio è che si riesca a trovare una cura o comunque qualcosa che blocchi l’avanzare della malattia e ci faccia conservare le forze”.
(Manuel Tartaglia)