Alla UILDM LAZIO onlus, durante il percorso di formazione dei volontari in Servizio Civile e dei ragazzi del Servizio Volontario Europeo, si è affrontato il tema dalla Memoria dello sterminio delle persone con Disabilità
Ai ragazzi in formazione alla Sezione Laziale della UILDM è stata proposta la visione del film Nebbia in Agosto per far conoscere la storia poco nota del programma nazista di sterminio di massa per eutanasia di persone con disabilità fisiche e mentali. Un’ignobile prova ‘prova generale’ della Shoah. Infatti, il film di Kai Wessel, tratto sull’omonimo romanzo di Robert Domes del 2016, racconta la vera storia di Ernst Lossa, un esuberante tredicenne di etnia Yenishe (nomadi di origine europea: gli zingari bianchi), che nel 1942 venne rinchiuso nell’ospedale psichiatrico Kaufbeuren Institutein, in cui si praticava la cosiddetta “morte pietosa” secondo il progetto nazista qualificato come Aktion T4.
Il programma era chiamato nei documenti ufficiali con nomi di copertura: Programma Eutanasia T4, dalla via in cui risiedevano gli uffici deputati alla sua realizzazione, Tiergarten Strasse n. 4, dove si sperimentarono le tecniche dell’omicidio di massa, poi utilizzate nei campi di concentramento.
Sappiamo che l’uccisione avvenne in sei centri, fondati per l’occasione: Grafeneck nel Wurttemberg, Brandeburgo sull’Havel, vicino Berlino, Hartheim, vicino Linz, Sonnenstein a Pirna, nella Sassonia, Bernburg sul Saale nella provincia prussiana della Sassonia e Hadamara Hessen. Il programma fu avviato tra il dicembre 1939 ed il gennaio 1940, con lo scopo di selezionare i caratteri fisici e mentali ritenuti positivi e la rimozione di quelli negativi. Qui furono sperimentate per la prima volta pratiche di uccisione di massa come le camere a gas, somministrati allucinogeni pericolosi, alcaloidi tossici come la morfina e barbiturici nocivi.
In questi luoghi di morte fu anche studiata la cosiddetta Dieta E: una dieta da fame, priva di grassi, a base di sole rape, cavoli e mele fatti bollire fino a perdere ogni sostanza nutritiva con lo scopo di far morire gli ospiti dei centri per malnutrizione in giro di poche settimane pur mangiando.
La scusa era quella di alleviare le sofferenze delle famiglie, eliminare i “costi sociali” di coloro che erano considerati un peso inutile nella società ariana immaginata dal nazismo. Ma la difesa della razza non è un parto della sola filosofia tedesca, ma affonda le sue radici nelle teorie sull’ereditarietà e sull’evoluzione della specie, che animò tutto il diciannovesimo secolo e i primi anni del ventesimo, con importanti contributi che vennero soprattutto dalla scuola americana di Princeton e da una attualizzazione delle teorie lombrosiane. A Lombroso si deve, infatti, una prima classificazione degli esseri inferiori, mutuata poi dal nazismo. Anche Marco Paolini nel suo spettacolo teatrale Ausmerzen riporta alla memoria questa terribile pagina di storia e spiega come alcune follie si basino su un substrato “culturale” a cui bisogna sempre fare particolare attenzione.
Dopo fortissime critiche da parte dei vescovi e dei pastori tedeschi, il programma fu arrestato da Hitler nell’agosto del 1941. Hitler affermò comunque conclusa la prima fase dell’eutanasia. Comunque i centri continuarono in segreto a praticare l’eutanasia anche dopo il 1941, così come racconta il film, e persino dopo la resa incondizionata da parte della Germania. Tra il 1939 e il 1945 più di 200mila disabili fisici e mentali furono uccisi nelle camere a gas, mediante farmaci o malnutrizione con la cosiddetta Dieta E.
Oggi non abbiamo ancora risolto molti problemi di discriminazione delle persone con disabilità e in maniera differente si riaffacciano in Italia e in Europa ideologie che considerano le protezioni umanitarie e sociali, l’assistenza e le cure mediche come costi gravosi. Il senso di celebrare la Memoria dell’Olocausto con i giovani del Servizio Civile, è quella di ricordarci come è “banale il male”, come può essere ordinario e accettabile nelle società, affermare che vanno tutelati i diritti umani di tutti gli esseri umani, anche delle persone con disabilità, come sancito dalla Convenzione sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità delle Nazioni Unite, ratificata da 139 Paesi, tra cui l’Italia e l’Unione Europea.
Articolo di Massimo Guitarrini