La solita passerella dei politici oppure un’occasione per prendere consapevolezza che più di 1 miliardo di persone nel mondo vive una condizione di pesante discriminazione? E in Italia come ce la passiamo?
Il 3 dicembre 2018 si celebra la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Fu istituita nel 1992 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con l’obiettivo di promuovere i diritti e il benessere delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della società e per aumentare la consapevolezza sulla loro condizione in ogni aspetto della vita: politico, sociale, economico e culturale.
Questa giornata è l’occasione in cui occorre promuovere la consapevolezza delle sfide e delle difficoltà che affrontano quotidianamente più di 1 miliardo di persone con disabilità nel mondo (circa il 15% della popolazione mondiale) e del ruolo che le comunità e gli stati hanno nell’abbattere le barriere che impediscono una piena inclusione sociale, una reale equità, una concreta partecipazione e un vero diritto di cittadinanza.
L’80% delle persone con disabilità vive nei paesi poveri o impropriamente detti in via di sviluppo, ma il numero di persone con disabilità è in costante crescita in tutto il mondo. L’aumentare di malattie croniche come il diabete, malattie cardiovascolari, i disturbi mentali e l’allungamento della vita media, sta cambiando la natura e la prevalenza della disabilità, anche nei paesi più ricchi. Sappiamo che la condizione della disabilità può, molto probabilmente, essere un’esperienza che riguarda tutti noi o le persone che ci sono vicine e che nella nostra vita dobbiamo metterla in conto. Per cui l’eliminazione degli ostacoli per le persone con disabilità come gli atteggiamenti negativi, la mancanza di servizi, l’inaccessibilità alle infrastrutture, la mancanza di consultazione e partecipazione possono davvero contribuire a migliorare la qualità della vita di tutti.
Nonostante si siano fatti importanti sforzi a livello globale e nazionale, anche grazie alla Convenzione Onu delle Persone con disabilità ratificata nel 2006, ancora oggi i disabili vivono pesanti discriminazioni. Uno sguardo di insieme che identifica le condizioni delle persone con disabilità è il “World Report on Disability” dell’OMS, il quale descrive che le persone con disabilità :
- hanno condizioni di salute peggiori rispetto agli altri. Sono esposte maggiormente a malattie secondarie prevenibili se ci fossero servizi adeguati: si riscontrano maggiori percentuali di condizioni di salute mentale non trattate, cattiva igiene orale, tassi più elevati di infezione da HIV, tassi più elevati di obesità e mortalità prematura.
- hanno risultati educativi inferiori: i minori con disabilità hanno meno probabilità di iniziare la scuola rispetto ai loro coetanei senza disabilità. Hanno anche tassi più alti di abbandono, e meno probabilità di essere promossi o di passare a percorsi professionali post-scolastici. In Italia la situazione sta lentamente migliorando considerando che 15 anni fa l’Istat fotografava una forte disparità: circa il 15% dei disabili di età compresa tra i 15 e i 44 anni senza alcun titolo di studio. mentre fra i non disabili tale percentuale era di dell’1,8% praticamente nulla.
- sono economicamente meno attivi: le persone con disabilità hanno tassi di occupazione più bassi rispetto alle persone senza disabilità e guadagnano nettamente meno delle loro controparti senza disabilità. In Italia le persone con disabilità solo il 18% è occupato rispetto al 58,7% delle persone normodotate.
- hanno tassi di povertà più elevati : le famiglie senza una persona con disabilità hanno tassi di povertà più bassi rispetto alle famiglie in cui all’interno è presente un membro con disabilità. Come gruppo e in tutte le situazioni, le persone con disabilità hanno condizioni di vita peggiori e meno risorse. La povertà può esacerbare la disabilità attraverso la malnutrizione, la scarsa assistenza sanitaria e le condizioni di lavoro o di vita pericolose. Anche in Italia la disabilità è una delle cause dell’impoverimento e della povertà delle famiglie (Censis). La disabilità può portare alla povertà attraverso guadagni persi per mancanza di occupazione o sottoccupazione e a causa dei costi aggiuntivi legati a spese mediche, abitative e di trasporto .
- non possono sempre vivere in modo indipendente o partecipare pienamente alle attività della comunità. Il ricorso a soluzioni istituzionali, la mancanza di vita comunitaria e servizi inadeguati lasciano le persone con disabilità isolate e dipendenti dagli altri. L’OMS ritiene che le istituzioni residenziali siano responsabili della mancanza di autonomia, segregazione delle persone con disabilità dalla comunità più ampia e altre violazioni dei diritti umani.
Anche in Italia meno del 7% delle persone con disabilità accede ai servizi a domicilio. Questo significa che le famiglie sono costrette a gestire l’assistenza da sole o ricorrere all’istituzionalizzazione; oltre 200 mila adulti vivono ancora in istituto o in RSA privandoli, di fatto, della libertà e del diritto a una vita sociale.
Come denuncia la UILDM, c’è mancanza di servizi domiciliari adeguati, i trasporti sono spesso inaccessibili, le barriere architettoniche e culturali riducono drasticamente l’autonomia delle persone con disabilità, oltre a lasciarle isolate dai principali aspetti sociali, culturali e di partecipazione politica.
Le celebrazioni come quella del 3 Dicembre, di solito si risolvono spesso in passerelle politiche dove, almeno nei principi, tutti sono d’accordo (ultimamente nemmeno su quelli). Poi quando si scende nel concreto, le risposte che vengono date sono di stampo economicista: “non ci sono le risorse”. Ormai il “pensiero unico” spinge tanti a sostenere che i principi economici devono essere anteposti a tutti gli altri aspetti della vita umana. D’altronde c’è chi sostiene senza pudore che i Diritti Umani sono qualcosa di opzionale, un lusso che non possiamo garantire a tutti perché “costano troppo“. Eppure è stato ampiamente provato da pubblicazioni e da ricerche di molte organizzazioni e agenzie internazionali e nazionali, che c’è anche un enorme beneficio economico legato ad uno sviluppo maggiormente inclusivo di tutte le pluralità all’interno di una società.
Proprio su questo crinale si muove il tema promosso dall’Onu per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 2018 : “Empowering persons with disabilities and ensuring inclusiveness and equality”.
António Guterres Segretario generale delle Nazioni Unite in un suo comunicato di lancio della Giornata Internazionale afferma che : “Il tema di quest’anno si concentra sul potenziamento delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile come parte dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.” poi continua: ” L’Agenda 2030 si impegna a “non lasciare nessuno dietro”. Le persone con disabilità, in quanto beneficiari e agenti di cambiamento, possono seguire rapidamente il processo verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile, promuovere una società resiliente per tutti.” Poi conclude con un esortazione: “I governi, le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative, le istituzioni accademiche e il settore privato devono lavorare come una “squadra” per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”.
Nella sede Onu di New York per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità il Segratario Generale António Guterres presenterà il “Rapporto Onu sulla disabilità e lo sviluppo 2018 – Realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da parte di, per e con le persone con disabilità”. Per questa occasione saranno presenti gli Stati membri, gli organi delle Nazioni Unite, sindaci, responsabili politici nazionali e locali, le organizzazioni della società civile, istituti accademici e le organizzazioni delle persone con disabilità per discutere la via da seguire per l’inclusione sviluppo equo e sostenibile.
L’Italia, che in passato è stata precorritrice sul piano culturale e sul diritto, se pensiamo alla Legge Basaglia e alla abolizione delle classi differenziali, oggi invece che di Partecipazione, di Agenda 2030 così come di Vita Indipendente e di empowerment preferisce parlare di disabilità in solo termini assistenzialistici.
Articolo di Massimo Guitarrini