Laura è una giovane ragazza italiana che, qualche mese fa, ha partecipato alla manifestazione internazionale di bellezza che chiama a raccolta donne con disabilità da diverse parti del mondo. Abbiamo contattato la nostra rappresentante.
Il 7 ottobre 2017 sono andate in scena a Varsavia (Polonia) le finali di Miss Wheelchair World, manifestazione organizzata dalla Only One Fonudantion con l’obiettivo di cambiare la percezione dell’immagine della donna con disabilità, l’integrazione delle persone con disabilità in tutti gli ambienti della società e mostrare come la disabilità non sia un limite. Tra le varie partecipanti, l’Italia ha avuto la sua bandiera: Laura Miola, 28 anni, laureata in Metodi e tecniche della Comunicazione. L’abbiamo chiamata per conoscere la donna dietro la Miss.
Raccontaci la tua esperienza a Miss Wheelchair World.
“Inutile dirti che è stata un’esperienza unica. Non mi sarei mai aspettata di partecipare a un concorso del genere, perché non era il mio mondo, non mi sono mai occupata di moda e di queste cose qui. Sono stata contattata e mi hanno invitato a partecipare a una selezione. Insieme a una mia amica, ho partecipato un po’ per gioco: abbiamo fatto la selezione, abbiamo dovuto parlare in inglese, mandare foto e video. Mai mi sarei aspettata di essere chiamata in rappresentanza dell’Italia”.
Ecco, appunto, hai rappresentato l’Italia, un paese che lascia molto a desiderare quando si parla di disabilità.
“Nella mia vita ho viaggiato parecchio, mi sono resa conto che qui siamo vent’anni indietro, forse”.
Quando tu parli di arretratezza, ti riferisci solo alle barriere architettoniche?
“In realtà sì, perché a me le barriere mentali non fanno stare male. Le persone fanno uscire commenti stupidi per ignoranza, però tu puoi decidere come comportarti di fronte a queste cose: se darci peso, se starci male, se farci una risata sopra, se ridere in faccia a queste persone. Quando però ti trovi davanti a una barriera architettonica, ti viene detto di ‘No’ e tu quella cosa non la puoi fare: in quel negozio non ci puoi entrare, in quel ristorante non ci puoi andare a mangiare. Che fai? Non hai possibilità di scelta”.
Secondo te, una manifestazione come Miss Wheelchair World dedicata alla bellezza esteriore, può essere un palco importante per affrontare queste tematiche?
“In questo concorso non veniva ricercata solo la bellezza. Abbiamo dovuto rispondere a tantissime domande per far capire loro la nostra visione della vita e della disabilità, e quindi vedere se eravamo donne forti. Questo concorso ha avuto una risonanza mondiale, e quindi si è potuto lanciare un messaggio forte: la vita di una persona con disabilità non è impregnata di dolore o tristezza, come molti pensano”.
Secondo te in Italia a farla da padrona sono i pregiudizi?
“Gli stereotipi, più che altro: una donna in carrozzina non può appartenere al mondo della bellezza, oppure visto che sei seduta su una carrozzina diventi meno donna. Quando, in realtà, non è così”.
Hai dichiarato che sei infastidita quando ti si dice che sei ‘costretta sulla carrozzina’.
“Almeno per quanto mi riguarda. Odio quando mi si dice così, perché per me la carrozzina è stata una liberazione. Io ho una neuropatia periferica [malattia di Charcot-Marie-Tooth, ndr], prima camminavo da sola, poi nel corso del tempo ho avuto delle difficoltà: all’inizio avevo bisogno di appoggiarmi, poi ho usato una stampella, poi avevo bisogno dell’aiuto fisico di qualcuno. Io non ero più autonoma a spostarmi e andare in giro da qualche parte. Anche mangiare una pizza con il mio fidanzato, che ora è mio marito [Salvatore, ndr], era diventata una cosa impossibile. Se non trovavamo posto davanti al ristorante, io sarei arrivata stremata al tavolo. Per me la carrozzina è stata proprio una liberazione. Io sapevo che un giorno non sarei più riuscita a camminare, non sapevo quando, ma ne ero consapevole, e infatti all’inizio la carrozzina la vedevo come una cosa brutta. Poi mi sono resa conto che avevo riacquistato la mia autonomia che avevo perso da tempo, e mi ha ridato veramente la libertà. Perciò, quando mi si dice ‘costretta sulla carrozzina’, mi dà molto fastidio, perché per me non è la realtà: la carrozzina ti permette di fare e di andare dove vuoi. Per me è la mia migliore amica, la mia compagnia di viaggi”.
A proposito di compagni, cosa ne pensi dello stereotipo riguardante l’impossibilità di immaginare una coppia formata da una persona normodotata e una con disabilità?
“Grazie ai miei viaggi, ho conosciuto molte persone con disabilità e in altri paesi questa unione non è vista in modo strano, soprattutto in America. Secondo me, le persone non conoscono la realtà, non conoscono che una persona con disabilità fa le stesse identiche cose di un individuo in piedi, solamente in modi differenti. È capitato anche a me che una persona abbia detto a mio marito ‘Io ammiro tanto tua moglie, ma ammiro tanto soprattutto te che le stai vicino’, come se fosse il martire della situazione. Ma chi te l’ha detto? Devi scontrarti con queste cose, però noi facciamo una vita normalissima”.
Senti, pensi di continuare il tuo percorso nel mondo della bellezza e della moda?
“Mi è stato offerto un contratto con un’agenzia di moda francese che inizierà più o meno a ottobre. Però non so se continuerò su questa strada, ho altri progetti in cantiere”.
Li vogliamo svelare?
“No, ancora no. È un grande progetto, però. Una grande cosa”.
Come saprai bene, ci sono tanti giovani con disabilità che fanno fatica anche a uscire dalla propria porta di casa. Quale messaggio di incoraggiamento senti di lanciare?
“Ciò che cerco di trasmettere è cambiare l’immagine che si ha di se stessi: non bisogna vedersi come una persona disabile, poverina… No, sei una persona e sei meravigliosa per come sei, punto. Quindi, cambiando la percezione che hai di te stesso, inevitabilmente gli altri ti vedranno per come ti vedrai tu, cioè una persona a tutti gli effetti, superando la disabilità che è solamente qualcosa di fisico e oggettivo, non è né una cosa positiva o negativa. È difficile da spiegare, devi cambiare la percezione che hai di te stesso. Ma questo non vale solo per le persone con disabilità. Non so se tu hai mai visto la differenza di una donna molto sicura di sé, come cammina, come si espone: diventa affascinante. Invece, al contrario, una donna insicura, che non si cura e non ti guarda negli occhi, avrà un aspetto diverso. Ed è così per tutte le persone, in piedi, sedute, sulle ruote. Dobbiamo cambiare l’immagine che noi abbiamo di noi stessi e non porci limiti, non pensare ‘io non posso, non sono così, non potrò mai fare questo’: no, tu puoi tutto. E non riguarda solo persone con disabilità, ma riguarda tutti”.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante