Nonostante i suoi tredici anni di vita, The Ringer mostra diversi spunti tematici che la rendono una pellicola moderna: abbiamo individuato tre argomentazioni a supporto della nostra teoria e li abbiamo confrontati con i tempi attuali.
The Ringer – più comunemente noto in Italia con il titolo di L’imbucato – è un film del 2005 diretto da Barry W. Blaustein e prodotto dai fratelli Farrelly. La storia narra le vicende di Steve (Johnny Knoxville, nome d’arte della star del programma di MTV Jackass), un impiegato qualsiasi che, per una serie di vicende bislacche, si ritrova a dover raccogliere denaro per pagare un intervento di chirurgia ricostruttiva per il suo giardiniere, infortunatosi a tre dita della mano sinistra. Poiché l’operazione è molto costosa, Gary (Brian Cox), lo zio di Steve, architetta un piano per guadagnare tanti soldi in poco tempo: vincere le Special Olympics. Per farlo, però, Steve dovrà fingersi una persona con una disabilità intellettiva.
Da qualche tempo, la commedia è stata ripescata da Netflix, non nuova a sensibilizzare attraverso la diffusione di prodotti dedicati alla disabilità (Atypical, Altruisti si diventa e 3% solo per citarne alcuni). Rimettere in campo un film di vecchia data, però, risulta essere un’interessante studio sociale su come la rappresentazione mediatica della disabilità sia cambiata negli ultimi anni. In particolare, vi sono tre filoni tematici all’interno della vicenda che andrebbero enfatizzati.
Iniziamo da come si parla della disabilità. Lo zio Gary rappresenta il pensiero di chi vede nella disabilità un’inferiorità umana, un deficit che qualsiasi persona sana potrebbe colmare. È proprio questo personaggio a dare l’input della partecipazione alle Special Olympics, e sarà sempre Gary a incitare Steve sottolineando l’inferiorità dei suoi avversari: ad esempio, il termine “ritardato mentale” non sarà utilizzato solo per descrivere una condizione, ma come insulto agli altri atleti. Una situazione che, se osserviamo i nostri tempi, non è poi cambiata così tanto: tante notizie di cronaca parlano di atti di bullismo e violenza fisica, verbale e sociale nei confronti delle persone con disabilità, i cui autori molto spesso restano impuniti. E a sottolineare questa condizione è la massa che riversa sui social network i più disparati atti di maleducazione portati avanti da cittadini non proprio esemplari. Insomma, il tempo passa, ma l’inciviltà resta.
Inciviltà evidenziata dalla pellicola stessa con l’intreccio degli avvenimenti: fingersi una persona con disabilità per vincere “con facilità” – come dicono nel film – il premio finale. Una costante che, purtroppo, ancora è fortemente attiva nella società attuale, con tante testimonianze che raccontano di falsi invalidi che traggono vantaggi economici e sociali dichiarando una condizione che non gli appartiene. Il percorso umano di Steve pone l’accento proprio sulle scelte che portano una persona a mentire, e su come essa possa conviverci. Memorabile, per esempio, è la scena in cui il protagonista prova a redimere i propri peccati rivolgendosi a un parroco locale, il quale – dopo aver scoperto la menzogna di Steve – decide di cacciarlo dalla chiesa a suon di pugni e calci. Cinematograficamente, uno scenario molto ironico. Nella realtà, però, i falsi invalidi imperversano ancora.
Come a circolare è il binomio amore-disabilità e il concetto secondo cui non è pensabile una coppia formata da una persona normodotata e una con disabilità. Tredici anni fa, L’imbucato non dava molto spazio alla questione. Dopo essersi invaghito di Lynn (Katherine Heigl), una delle volontarie delle Special Olympics, Steve la corteggia, fingendosi sempre una persona con disabilità, fin quando la ragazza non lo scopre. Dove sta la pecca? Lo Steve con la finta disabilità appare agli occhi di Lynn dolce, premuroso e coraggioso, qualità che però non fanno sì che la ragazza accetti il bacio del concorrente. Dopo essersi rivelato come persona normodotata, invece, Lynn decide di perdonare le azioni di Steve, e di dare vita a una storia d’amore. Perché? L’unica spiegazione alla vicenda viene dalle parole di Lynn, la quale spiega di aver rifiutato Steve in quanto il regolamento lo vieta: una motivazione cinematografica un po’ instabile. Anzi, proprio perché vicina alla causa, Lynn dovrebbe essere la prima a considerare la scelta di Steve poco lodevole, e quindi rifiutarlo anche successivamente. Il preconcetto, forse, sta nell’incapacità di immaginare una coppia formata da una persona con disabilità e una normodotata, mentre una persona che si è finta disabile ha più chance: uno scenario che, ancora, non siamo riusciti a rompere del tutto.
Ad ogni modo, la pellicola è godibile e divertente sotto diversi punti di vista. Vi sono vari attori con disabilità e si parla delle Special Olympics che, contrariamente a quanto spiegato dal doppiaggio italiano, non sono le Paralimpiadi, ma le Olimpiadi per le persone con disabilità intellettiva. Ma questa è un’altra storia.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante