Il Duemila sta per diventare maggiorenne portandosi dietro la generazione dei cosiddetti “nativi digitali”, quelli che sono nati con lo smartphone in mano e immersi nei social network sin dalla tenera età. Quest’evoluzione presenta anche qualche controindicazione con cui fare i conti.
In principio era la Playstation, oggi è lo smartphone. Molti ragazzi, soprattutto nell’età che va dall’infanzia all’adolescenza, quel periodo indefinito che normalmente viene chiamato pubertà, aspettano la fine dell’anno (scolastico o solare) in attesa di qualche regalo. Un tempo si chiedeva la consolle di videogame, la si aspettava come una manna dal cielo, ora fra i maggiori desideri dei giovani pre e post adolescenti c’è lo smartphone: il telefono di ultima generazione – più simile a un pc per la sua vastità di funzioni – in grado di navigare e viaggiare in Rete e sui social. Il nuovo millennio sta per compiere la maggiore età e, quindi, subentrano nuove tecnologie che portano anche determinate manie da fronteggiare.
Circa 5 adolescenti su 10 trovano normale condividere in Rete tutto ciò che fanno, postando persino foto private, riversando pubblicamente qualsiasi cosa passa loro per la mente senza essere totalmente consci dei rischi che potrebbero correre. I cosiddetti nativi digitali, coloro che sono cresciuti sin dalla tenera età con questi strumenti di ultima generazione, hanno sicuramente più confidenza con un certo tipo di paradigmi socio culturali ma, nel contempo, ne divengono schiavi. David Fincher, col nuovo millennio alle porte, affermava in Fight Club quanto le cose che possiedi alla fine ti possiedano. Quindi, la brama per le novità e le conseguenti dipendenze ci sono sempre state: ciò che cambia è il mezzo. Dunque, oggi, parlare di Followermania non è poi così paradossale. I ragazzi sono in costante ricerca di approvazione e, per forza di cose, attualmente, l’approvazione passa dai like piuttosto che dalle parole ricevute: uno studio conferma che per 3 adolescenti su 10 è importante il numero di “mi piace” ricevuti sui social. All’aumentare della quantità, cresce esponenzialmente l’autostima e viceversa. Il 34% dei giovani, inoltre, in forma anonima, ha rivelato di rimanerci molto male quando non viene apprezzato in Rete. Da questo trae linfa il fenomeno del cyberbullismo.
Quindi, per rendere maggiormente innovativi i propri contenuti, in questa costante ribalta dell’essere umano, si è arrivati persino a rischiare la vita. Il fenomeno dei selfie estremi è il massimo risultato in termini di follia, per non parlare di tendenze come la BlueWhale (sebbene persistano ancora molti dubbi). Quel che è certo, invece, è il bisogno di apparire a qualsiasi costo, complice anche l’influenza che hanno i personaggi dello star system: nasce così la Nomofobia, cioè la paura di rimanere troppo tempo senza lo smartphone a portata di mano. Quasi 8 adolescenti su 10 hanno paura che si scarichi il cellulare, temendo l’assenza di connessione quando sono fuori casa. Tutto questo provocherebbe ansia, rabbia, fastidio, al 64% dei millennials che ormai usano i social persino per guardare la tivù, commentando in tempo reale i programmi in onda.
Questo chiacchiericcio generalizzato, che fino a dieci anni fa poteva verificarsi al massimo per le strade di quartiere, con la banda larga e il 4G ha generato il Vamping: il vizio di passare le notti in chat a parlare contemporaneamente attraverso diverse realtà telematiche. Questi comportamenti vanno ad influenzare negativamente la qualità e la quantità del sonno, con conseguenze nocive per l’organismo e vanno ad interferire sulle attività quotidiane dei ragazzi, fino a determinare importanti difficoltà di concentrazione e di attenzione che gravano sul rendimento scolastico, favoriscono l’insorgenza di stati ansiosi, intaccando l’umore e gli impulsi.
Non tutto, però, parte dagli adolescenti. Infatti, molti giovani sono portati a creare falsi profili (che nessuno conosce, nemmeno i genitori) proprio perché alla base ci sarebbe un eccessivo controllo telematico da parte di autorità familiari e scolastiche. Maura Manca, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, ammette che spesso i giovani vanno ad infilarsi in realtà ignote e ignobili attraverso la Rete per sfuggire al pugno duro dei genitori, che perseguiterebbero eccessivamente i figli con profili in comune, infilandosi addirittura nelle chat private dei loro amici, invadendo i gruppi di conversazione. Come se non bastasse già il registro telematico a scuola. Ormai siamo tutti sotto controllo, soltanto che i ragazzi sentono maggiormente questa pressione e, se una volta bastava uscire di casa per riappropriarsi delle proprie libertà, oggi ci vuole altro. I più scaltri, la maggior parte, una propria dimensione se la sono creata in Rete. Attraverso la metatecnologia, elevando ai massimi il proprio privato al punto da esporlo altrove, purché sia lontano dai radar familiari. Ognuno reagisce al progresso come può: il nuovo che avanza diventa maggiorenne e si porta dietro novità, conferme, incertezze e paure sempre diverse.
Articolo di Andrea Desideri