Muore in Italia il piccolo Adan, nell’indifferenza delle istituzioni, arroccate su regolamenti molto rigidi e poco umani
Regole ferree e indifferenza. Sono queste le cause della morte di Adan, bambino kurdo in fuga dall’Iraq, spentosi a Bolzano nella notte tra il 7 e l’8 ottobre 2017. La cartella clinica del piccolo riporterà che aveva la distrofia muscolare, che aveva appena subito la frattura delle gambe, che era in corso un’infezione, che la sua temperatura era alta e che il suo cuore era andato in arresto. Regole ferree e indifferenza, aggiunge chi ha seguito la sua storia.
Adan, tredici anni, era il primo dei quattro figli di una coppia kurda che, due anni fa, tentò di fuggire dal proprio paese martoriato dalla guerra, arrivando fino in Svezia. La richiesta di asilo politico e le speranze di una vita più serena per questa famiglia, si scontrarono con i regolamenti svedesi e con la minaccia da parte delle autorità di espellere gli ospiti indesiderati.
Ed ecco madre, padre e quattro bambini (tra cui Adan, in carrozzina) affrontare un nuovo viaggio e giungere in Italia lo scorso 1 ottobre. Cercano accoglienza a Bolzano, ma dalle istituzioni non ne ricevono: invece che su un materasso, la prima notte a Bolzano la passano in strada. Sono le associazioni a colmare il vuoto intorno agli stranieri, prestando loro un tetto per rifugiarsi, offrendo un pasto, dando assistenza con le pratiche burocratiche.
Come in Svezia, anche a Bolzano le regole sono spietate. Inutile la richiesta dei kurdi di ricevere protezione internazionale, perché nella città trentina vige la circolare Critelli, che nega tale status ai richiedenti in situazione di fragilità, che non siano stati inviati in provincia dal Ministero o che provengano da un altro Stato dove avrebbero potuto fare richiesta.
Arriviamo a venerdì 6 ottobre e alla rovinosa caduta dalla sedia a ruote, durante il tragitto verso la mensa, che costa al già debilitato bambino la frattura di entrambe le gambe. In ospedale Adan viene soccorso, ma lui non è un paziente come tanti: è indebolito dalla sua patologia, è fiaccato dagli stenti, è probabilmente demoralizzato da tante regole ferree e indifferenza intorno a lui. Non supererà la notte tra sabato e domenica.
Quella di Adan è la brutta storia di un bambino che ha avuto la sfortuna di nascere in una parte del mondo piuttosto che in un’altra, per giunta con una patologia invalidante. Ed è la storia di due paesi con tanta gente più fortunata, governati da regole che non prevedono l’umana solidarietà.
Articolo di Manuel Tartaglia