Sono tante le domande che una persona con Alzheimer può porsi. Ora le risposte sono a portata di smartphone
La vita di quasi tutti noi è in Rete. Più o meno consapevoli di ciò che comporta, condividiamo in Internet i nostri gusti, le nostre idee, le nostre preferenze sui temi più disparati, dalla cucina fino alla politica. Buona parte degli utenti dei social network mette addirittura alla mercè del Web i propri dati sensibili, noncurante dell’importanza di salvaguardare la privacy.
Ci sono casi in cui, tuttavia, questo fenomeno può avere dei risvolti positivi ed è da queste premesse che trae la sua forza Chat Yourself, un’app nata dalla collaborazione di Nextopera, Young & Rubicam, Italia Longeva (network dedicato all’invecchiamento di Ministero della Salute, Regione Marche e Irccs Inrca) e Facebook. Chat Yourself si presenta come una chat a tutti gli effetti (in particolare come Facebook Messenger, che va scaricato sullo smartphone dell’utente per poter usufruire del servizio) e la sua particolarità è che ci permette di chattare, appunto, con noi stessi.
L’intuizione arriva dagli autori dell’applicazione, che hanno compreso le potenzialità di questo software per venire incontro alle esigenze di chi è affetto dalla malattia di Alzheimer. Immaginiamo di soffrire di vuoti di memoria e di trovarci, per esempio, in strada alla ricerca della nostra abitazione: ci basterà chiedere a Chat Yourself “Dove abito?” e ricevere in tempo reale la risposta con il nostro indirizzo. Allo stesso modo, potremo chiedere il nome di un nostro familiare che ci sfugge, che cosa preferiamo mangiare eccetera. Ogni volta riceveremo una puntuale risposta: “Tua sorella si chiama Francesca”, “Di solito mangi pollo, ma si allergico ai peperoni” e così via.
Le risposte alle nostre domande saranno sempre corrette perché, in qualche modo, siamo noi stessi a darle. Al primo accesso, infatti, l’applicazione chiede all’utente di rispondere a una cinquantina di domande per poter raccogliere le informazioni necessarie a fornire successivamente le risposte. Quando la persona con Alzheimer tornerà ad utilizzarla, dunque, sarà come se parlasse con un’altra sé, che ricorda tutto alla perfezione.
Articolo di Manuel Tartaglia