The Fundamentals of Caring è un film del 2016, scritto e diretto da Rob Burnett, basato sul romanzo di Jonathan Evison, The Revised Fundamentals of Caregiving. La pellicola – in Italia il titolo è stato tradotto con Altruisti si diventa – narra le vicende di un ex scrittore, Ben (Paul Stephen Rudd), il quale, in seguito ad una tragedia familiare e all’imminente divorzio con la moglie, decide di ricominciare la sua vita frequentando un corso professionale sul caregiving. Conclusa la formazione, Ben viene assunto da Trevor (Craig Roberts), sboccato ragazzo diciottenne affetto da distrofia muscolare che passa le giornate a guardare i notiziari in televisione e a sognare i luoghi che vorrebbe visitare. Fin da subito, il giovane si farà notare per la sua sottile ironia, che dapprima metterà in seria difficoltà Ben, fino poi a fortificare il legame tra i due. Con il passare del tempo, infatti, il loro rapporto sarà privo di moltissime barriere, tanto che il neo caregiver stimolerà il suo datore di lavoro a organizzare un viaggio verso uno dei luoghi bizzarri visti in televisione: il buco più profondo del mondo. Anche se con riluttanza e paura, Trevor si lascerà convincere a intraprendere questa avventura, durante la quale incontrerà Dot (Selena Gomez), una ragazza scappata di casa, e Peaches (Megan Ferguson), una donna all’ultimo mese di gravidanza. Il film, distribuito da Netflix il 24 giugno 2016, basa la vicenda su diversi aspetti tematici: la figura del caregiver, che passa da un rapporto professionale a quello di consigliere e amico; la disabilità, vista non i termini pietistici, ma trattata allo stesso tempo con ironia e serietà; l’importanza di estendere i propri orizzonti e uscire dal proprio guscio protettivo quotidiano, affrontando le difficoltà del caso.
Considerazioni
La pellicola è piacevole da guardare – alla fotografia va rivolto un plauso – e il climax di rapporti e vicende che si susseguono rispecchiano in modo significativo l’esigenza di rompere diverse barriere mentali. L’ironia non è l’unica chiave interpretativa del film, ma il suo utilizzo lo rende gustoso. Ad esempio, le stesse frecciatine di Trevor mostrano come il pietismo non sia l’unico sguardo con il quale rivolgersi alla disabilità. E ancora, Ben ci farà ridere (e riflettere) quando costringerà alcuni gestori di un ranch a trasportare il suo datore di lavoro, seduto su una carrozzina elettrica, a piano superiore usando le scale, vista l’assenza di ascensori. Una critica, però, va mossa riguardo il rapporto Trevor-Ben. Seppure siamo di fronte a una pellicola cinematografica, l’evoluzione del legame tra i due mostra un avanzamento empatico così forte da risultare irreale. Non bisogna dimenticare che il caregiver è una figura lavorativa, e il suo cliente è un datore di lavoro, non un amico e/o un consigliere. Si tratta pur sempre di un rapporto lavorativo, e andrebbe trattato come tale, in ogni situazione.
Minifocus sul caregiver tricolore
Ma qual è la realtà dei caregiver? In Italia si parla spesso del caregiver familiare, persone non professionali che si prendono cura di parenti, amici e conoscenti. Sono circa 3 milioni e 300 mila, ma non essendoci un vero inquadramento legislativo in merito, la cifra potrebbe anche essere superiore. In generale, la quasi totalità è costituita da donne, di età compresa tra i 45 e i 55 anni, e da circa 169 mila ragazzi, tra i 15 e i 24 anni. Si tratta di un esercito che non gode di alcun diritto: l’Italia, infatti, è uno dei pochi paesi europei a non aver ancora legiferato in materia. Questo però non significa che siamo fermi a guardare: il 24 gennaio 2017 è partito l’iter per tre disegni di legge in Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato al fine di riconoscere, appunto, i diritti ai caregiver familiari.
In particolare, i senatori lavoreranno su tre testi: il 2048, a firma Cristina De Pietro (Gruppo misto), Misure in favore di persone che forniscono assistenza a parenti o affini anziani; il 2128, a firma Laura Bignami (Gruppo Misto – Movimento X), Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare; il 2266, Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare, a firma Ignazio Angioni (Pd). In particolare, il secondo testo è appoggiato anche dalle famiglie del Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi. «Questa è una legge che si rivolge a tutti i caregiver familiari – dichiara Maria Simona Bellini, portavoce del Coordinamento, a Vita.it -, anche a quelli che non hanno mai potuto lavorare proprio perché impegnati con un figlio grave. E soprattutto oggi la nostra battaglia è tutta incentrata sui diritti, a cominciare dal diritto alla salute: un diritto fondamentale, inalienabile, per il quale non si possono porre limiti di bilancio e allo stesso tempo un diritto che per noi è annullato del tutto, nel senso che per garantire i diritti dei nostri cari siamo costretti a rinunciare ai nostri. La legge Bignami finalmente ci metterebbe nella condizione di poterli esercitare entrambi. Sono tre le tutele che ci vengono garantite. La prima è la tutela previdenziale, che appunto va in continuità con la battaglia iniziata tanti anni fa. Nel testo c’è il riconoscimento del lavoro di cura, anche a livello previdenziale. [La seconda] È una tutela assicurativa. Noi chiediamo che lo Stato si faccia carico di una copertura assicurativa (qui torniamo a diritto alla salute, che è centrale), che copra le “vacanze assistenziali”. Non è pensabile che un caregiver non possa ricoverarsi né curarsi a casa propria per delle sue difficoltà, perché non può abbandonare il proprio congiunto non autosufficiente. La terza tutela è la richiesta di riconoscimento delle malattie professionali: le badanti, che fanno assistenza per lavoro, 8 ore al giorno, hanno un riconoscimento delle malattie professionali, legate ad esempio al sollevare la persona allettata. Il caregiver familiare lo fa H24, ma non ha nulla». Tutti insieme, gli attori protagonisti di queste vicende, guardano con grandi speranze e aspettative al futuro.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante