Oggi il Rap in Italia è molto popolare, c’erano però tempi in cui era una novità musicale inedita e non sopravvalutata. Negli anni ’90, per le strade della Capitale, inizia a farsi conoscere Turi – al secolo Salvatore Scattarreggia –: un ragazzo calabrese che nei vari club Hip Hop di Roma, tra una jam session e l’altra, ha impressionato per la sua capacità e duttilità nell’inserire il proprio dialetto in ogni freestyle canoro mostrando una genuinità incisiva. Proprio per questo nel ’96, insieme a Piotta e Dj Squarta, fonda la crew “Robba Coatta” da cui inizia una vera e propria ascesa. Turi, dopo un’intensa attività live in tutta la Penisola col suo stile ironico e sarcastico, si afferma come uno dei migliori intrattenitori e improvvisatori della scena Hip Hop italiana. Inoltre, nel ’98 esce il primo album di Piotta “Comunque vada sarà un successo”, dove Turi compare in sei tracce: una di queste, “Dimmi qual è il nome”, permette al rapper calabrese di farsi notare anche in tivù con il video ufficiale girato dai Manetti Bros. Il 1999 è l’anno della svolta definitiva: Supercafone diventa disco d’oro e “Robba Coatta” partecipa a un intenso tour promozionale di novanta date. Salvatore si fa conoscere ancor di più e, nello stesso anno, produce il suo primo album da solista: “Aspromonte a Roma” (500 copie in edizione limitata). Seguirono poi “Salviamo il salvabile” (2001), “Mattacchiones – Eccezzzionale” (2003), “L’amico degli amici” (2004), “Colpa delle donne” (2007), “Lealtà e rispetto” (2009) e “Turi sceglie Turi” (2012). Non sono mancate, col passare degli anni, le collaborazioni illustri: Friz da Cat, Flaminio Maphia, Kaos, Kiave, Franco Micalizzi, Ensi. Giusto per fare qualche nome. Il rapper non disdegna nemmeno il cinema, infatti nel Duemila prende parte al film “Zora la vampira”, e si ripropone anche in televisione. Quindi, nel 2012, Sabina Guzzanti lo chiama nel suo programma satirico “Un due tre stella”. Ultimamente capita di ascoltarlo su “Radio Punchlinerz” – una Web radio che parla di Hip Hop. L’abbiamo incontrato e ci ha parlato del suo futuro, del suo presente, con uno sguardo anche al passato.
La tua forza è stata quella di coniugare il dialetto calabrese con le canzoni Rap, quanto pensi possa aiutare questo nella diffusione di un genere tanto inflazionato ma non sempre compreso?
L’uso del dialetto in molti brani del mio repertorio ha avvicinato il popolo del sud e particolarmente la Calabria, al rap cosiddetto underground. Ho avuto attestati di stima da personaggi impensabili nonostante i miei brani non abbiamo una cosiddetta impostazione di tipo “orecchiabile e commerciale”. La gente comune mi supporta perché ha capito che la mia musica non ha formule, ma è semplicemente figlia della mia spontaneità e del mio talento.
Ormai sei piuttosto conosciuto, ci racconti, però, i tuoi inizi? Com’erano quei tempi lì? Meglio adesso rispetto ad allora oppure no?
Chiaramente ora è tutto diverso. Diciamo che noi della vecchia guardia eravamo molto più dei “poeti integralisti” fermamente ancorati alla nostra cultura. Il nostro scopo era creare musica per suonare poi dal vivo davanti ai nostri simili, a differenza dei rapper attuali, i quali obiettivi principali sono ad esempio fare tante visualizzazioni su YouTube per poi mettersi in mostra dinanzi a case discografiche. Adesso con internet hai la strada spianata e puoi scegliere mille modi per farti promozione ma soprattutto puoi avere un contatto diretto con i tuoi artisti preferiti stando comodamente seduto a casa tua.
Tu hai collaborato con molti nomi importanti (Kiave, Piotta, per citarne alcuni), c’è qualcuno con cui ancora non hai lavorato e vorresti farlo? Se sì, perché?
In tutta sincerità, sono contento e fiero di tutte le mie collaborazioni e all’appello non manca nessuno, a parte forse qualche nome inarrivabile americano.
Con chi, invece, ti sei trovato male?
Con nessuno.
Nel 2012 hai partecipato al programma di Sabina Guzzanti “1,2,3 Stella”, quanto può essere utile il rap nella satira sociale secondo te?
Il rap è un genere di impatto quindi se fatto bene, arriva al pubblico in maniera molto piu’ immediata.
L’importante è non ridurlo a semplici slogan.
Nei tuoi testi hai sempre alzato l’asticella della difficoltà: hai proposto temi importanti e quotidiani (tipo il corteggiamento) con una certa irriverenza. Pensi che fare un album oggi possa avere più vincoli a livello comunicativo?
Non mi sono mai posto il problema. Quando scrivo mi isolo mentalmente da tutto e libero quello che ho dentro ignorando completamente tabù o paletti di ogni tipo.
Per me l’hip hop è fantastico perché è selvaggio ed istintivo, se provi ad addomesticarlo lo snaturi.
Veniamo al presente: la vicenda Cranio Randagio. Pensi che la speculazione mediatica possa influire negativamente sulla figura di un rapper? Cosa pensi del fatto che ultimamente un genere, una cultura, venga accostata alla droga nei party?
Tutta ridicola strumentalizzazione. Non dico altro.
A proposito di presente: come giudichi i talent show? Parteciperesti mai come giudice?
Non sono contrario ai talent, ma come ti ho detto prima, vengo da un’altra generazione, quella a base di ideali e gavetta sui palchi. Magari parteciperei anche, ma detto brutalmente, solo per eventuali cospicui guadagni economici.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
Sono stati parecchi i momenti belli. Concerti indimenticabili, collaborazioni incredibili…. Ecco, lavorare con il maestro Franco Micalizzi! Mi ha dato una valanga di stimoli e mi aperto la mente su tanti elementi della mia musica che ignoravo completamente. E’ stata di certo un esperienza che mi ha segnato.
Rimpianti?
Pochi, grazie a Dio.
Cosa vorresti ancora raccontare come artista?
Vorrei semplicemente continuare ad emozionare ed intrattenere il mio pubblico.
Alla fine è ciò che mi appaga veramente.
Come ti vedi fra dieci anni?
Non ci voglio pensare. Per me il futuro è vivermi bene il presente.
Hai partecipato al film “Zora la Vampira”: il cinema lo rifaresti (se capitasse l’occasione)?
Perché no, recitare mi diverte. Anche se i tempi e i ritmi cinematografici a volte sono molto stressanti.
Adesso vanno di moda le reunion: l’idea di riformare “Robba Coatta” ti ha mai sfiorato?
Certo che si, ma l’entusiasmo svanisce quando ti rendi conto che all’atto pratico
sarebbe molto difficile realizzarla. Purtroppo non siamo piu’ ventenni spensierati.
Ognuno ha la sua vita, fatta di problemi e impegni concreti.
Ci parli dei tuoi progetti futuri? A cosa stai lavorando?
Sto lavorando con molta calma a un nuovo disco. Vorrei fare il cosiddetto salto di qualità, e alzare ancora di più il livello. Non mi son dato però delle scadenze. Il tutto deve nascere in maniera spontanea e naturale come ho sempre fatto.
Articolo di Andrea Desideri