Chi abita nelle grandi città italiane come Roma, conosce molto da vicino le condizioni e le realtà disumane nelle quali vivono diversi senzatetto. È sufficiente girovagare nelle stazioni ferroviarie più frequentate della Capitale per constatare con i propri occhi una situazione di totale abbandono. A Termini, ad esempio – nodo ferroviario di elevata importanza, da cui partono linee regionali e nazionali -, lungo via Marsala, è presente una fila di cartoni dei supermercati e coperte sporche che, durante le diverse stagioni dell’anno, proteggono gli homeless romani riversati in quella zona. A descrivere questa drammatica situazione sociale ci sono anche le statistiche. Come riportato dall’Istat, nel 2014 i cittadini senza fissa dimora erano 50 mila e 724, cifra basata sulle persone che hanno utilizzato almeno una volta un servizio di mensa o accoglienza notturna presente nei diversi comuni italiani. Più recentemente, invece, secondo il Rapporto ONDS 2015 (Osservatorio Nazionale sul Disagio e sulla Solidarietà nelle stazioni italiane), ben 21.292 persone senza fissa dimora hanno richiesto aiuto agli Help Center (strutture assistenziali per i senzatetto. Sul suolo nazionale sono ben 16). Questo numero rappresenta il 40% dei senzatetto in Italia censiti dall’Istat. Di questi, solo 9.135 hanno utilizzato gli Help Center per la prima volta. Rispetto all’anno precedente, il dato è in netta crescita (+11%). Serve notare inoltre che, in mezzo a questo gruppo, non vi sono soltanto stranieri – come il mero pregiudizio impone -, ma è in costante lievitazione la percentuale dei nazionali senza casa o in grave difficoltà economica.
NEL MONDO – Se nel Bel Paese il dato delle persone senza fissa dimora è in aumento, la situazione nel resto del mondo non è tanto più rosea. Secondo la United States Commission on Human Rights, nell’intero globo si stima che ci siano addirittura 100 milioni di senzatetto (1 ogni 60 individui). Come riporta invece l’International Business Times, citando un rapporto del Dipartimento per gli alloggi e lo sviluppo urbano degli Stati Uniti, nel 2015 in America se ne contavano oltre 565 mila, il 25% dei quali bambini. Un anno prima, questa volta in Russia, se ne stimavano 5 milioni (3,5% di tutta la popolazione, un milione i bambini). In Europa la situazione non cambia più di tanto. Un rapporto del governo inglese, che ha preso in esame il 2010, ha registrato un aumento del 30% degli homeless nell’ultimo anno. Solo a Londra se ne contano mille. E ancora, a Barcellona tra il 2008 e il 2011 sono aumentati del 38,6%, a Budapest del 32,3% tra il 2008 e il 2013, ed infine a Bruxelles del 12,8% tra il 2008 e il 2010. Per citare un caso in particolare, a Ibiza vi sono flussi migratori di europei che, pur di riuscire ad ottenere un lavoro all’interno delle caratteristiche attività commerciali del posto, sono disposti a convivere insieme ad un numero superiore alla decina di persone in roulotte logore e sudicie.
SOLUZIONI – C’è chi però sente molto vicino il problema, e vuole fare qualcosa per aiutare i più svantaggiati. Simon Rowe è un ex clochard di Melbourne (Australia) ed ha pensato ad una soluzione (a basso costo) per dare un posto dove dormire a chi non ne ha. L’idea è semplice quanto utile: sfruttare dei vecchi autobus per trasformarli in rifugi accoglienti per gli homeless australiani. E ancora, sempre in Australia, i due ventunenni Nicholas Marchesi e Lucas Patchett hanno creato l’Orange Sky Laundry, la prima lavanderia ambulante allestita su un camioncino (battezzato con il nome di Sudsy) al fine di garantire un servizio gratuito ai senzatetto. Il progetto è attivo da meno di due anni, ma si è già diffuso a Melbourne, Sydney, Perth, Gold Coast e Adelaide, raccogliendo ben 450 volontari. «Vogliamo abbattere la percezione comune che la gente ha degli homeless e aiutarli a crescere all’interno della società» ha dichiarato Nicholas. Non sappiamo se queste siano soluzioni efficaci, utili a sollevare la questione homeless verso le alte sfere della società. Sta di fatto però che possiamo partire da questi modelli: ad esempio, l’azienda dei trasporti pubblici romana ha diversi autobus in disuso, parcheggiati da mesi nei propri depositi, che potrebbero essere devoluti per la causa. Anche questa sarebbe un’idea.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante