Finalmente approvata la riforma dei servizi sociali del Lazio. La normativa in materia era ferma al 1996.
Vent’anni. Tanti ne sono passati dall’ultima volta in cui si legiferò su quello che oggi gli anglofoni definiscono “welfare” nella regione Lazio. Il 16 luglio 2016 il Consiglio Regionale del Lazio ha dunque approvato la proposta di legge n. 88 del 2013 che riforma i servizi sociali, finora regolati da una norma del 1996. Tra le caratteristiche più importanti della riforma c’è il coinvolgimento del mondo associativo nella progettazione delle azioni di governo regionale su tutto ciò che afferisce al mondo del sociale; fondamentale anche il Piano Sociale Regionale, contenente la programmazione degli interventi nel Terzo Settore, e il Sistema Informativo dei Servizi Sociali della Regione.
La nuova legge è finanziata per l’anno in corso attingendo dalle disponibilità di spesa del 2016 dell’Assessorato alle Politiche Sociali. Si tratta di circa 150 milioni di euro, di cui 80 derivanti da assegnazioni statali e 25 da risorse comunitarie.
L’obiettivo che la Regione Lazio persegue è garantire i diritti di cittadinanza sociale, promuovere la dignità della persona, sia come singola, sia inserita nella famiglia, nella comunità e nelle formazioni sociali in cui essa si realizza, promuovendone l’autonomia di vita e l’inclusione sociale”.
Sono le parole con cui l’Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio presenta la riforma del welfare.
Entriamo ora nel merito del provvedimento, che lascia ben sperare per un settore, quello dei servizi sociali, che necessita di risorse economiche e buona programmazione per poter funzionare come si deve. La nuova legge si articola in dieci punti, che andiamo di seguito a sintetizzare.
Punto I: gli obiettivi. Vengono indicati le finalità, i beneficiari, le tipologie di prestazioni essenziali. È promossa l’integrazione tra i servizi, tra i Comuni, e tra gli interventi sociali e quelli sanitari a livello di programmazione, organizzazione, erogazione e finanziamento.
Punto II: i destinatari. I soggetti interessati dalla riforma sono: famiglia (compresi i nuclei monoparentali) e minori, persone con disabilità, disagio psichico, affetti da Alzheimer, anziani, immigrati e minoranze, persone vittime di violenza e donne incinte o madri in situazione di disagio sociale, persone sottoposte a provvedimenti penali, persone dimesse dagli ex ospedali psichiatrici giudiziari, senza dimora, con dipendenze, con necessità di alloggio o di inserimento lavorativo.
Punto III: omogeneità. Il testo fissa anche le tipologie di prestazioni essenziali da assicurare in modo uniforme tra Comuni grandi e piccoli o tra diversi territori della Regione, con lo scopo di superare le disuguaglianze nell’erogazione dei servizi sociali tra i vari territori. Riconosciuta, inoltre, la figura del caregiver familiare.
Punto IV: gestione associata dei servizi sociali. Si tratta di un nuovo concetto, per il quale si prevede di mantenere a livello comunale soltanto quei servizi che hanno non rilevanza sanitaria e che comportano una modesta complessità gestionale. Tutti gli altri interventi dovranno essere gestiti invece a livello associato tra Comune e Regione.
Punto VI: Piano Sociale Regionale. Il cuore della riforma, il primo strumento attraverso il quale verranno realizzati gli interventi a carattere sociale nella regione, realizzato coinvolgendo gli organismi del Terzo Settore, le organizzazioni sindacali e le Asl. La Regione avrà l’obbligo di verificare la coerenza dei piani sociali di zona con il Piano Regionale e il loro stato di attuazione. Nasce poi il Sistema Informativo dei Servizi Sociali della Regione, che archivia e favorisce la condivisione di tutte le informazioni provenienti dagli attori coinvolti.
Punto VII: convenzione tra Comuni associati e Asl. Comuni associati e Asl saranno obbligati ad adottare una convenzione per l’integrazione socio-sanitaria, con i medesimi obiettivi.
Punto VIII: osservatorio regionale, carta dei diritti e anagrafe dei servizi sociali. Sono tre strumenti che andranno a garantire l’efficienza dei servizi erogati, valutandone oltre ai costi la qualità.
Punto IX: integrazione tra interventi sociali e sanitari. Queste due forme di servizio non saranno più distinte, bensì integrate, così da garantire meno sprechi e maggiore efficacia.
Punto X: abrogazione della vecchia Legge. Superata la Legge n. 38 del 1996, si parte definitivamente da un nuovo inizio.
Il lavoro del Consiglio Regionale non si è fermato dopo la seduta in cui è stata varata la riforma dei servizi sociali del Lazio. Diversi sono stati gli ordini del giorno che si sono susseguiti, di cui alcuni strettamente legati al campo della disabilità. Uno di questi ha a che fare con lo sport per le persone disabili, che va incentivato attraverso l’individuazione di fondi regionali da impiegare in tal senso. Si cercherà anche di sostenere economicamente la squadra di basket in carrozzina Santa Lucia, così da permetterle di partecipare al prossimo campionato italiano. Attraverso un adeguato monitoraggio, infine, si cercherà di garantire che tutte le Asl rendano disponibili le stesse prestazioni a integrazione del servizio di assistenza domiciliare.
Articolo di Manuel Tartaglia