Non si deve guardare all’autismo come a un’istantanea. Trattandosi di un disturbo che colpisce tutto lo sviluppo mentale, i sintomi appariranno necessariamente differenti nelle diverse età. Alcune caratteristiche si manifesteranno solo tardi, altri scompariranno col tempo. Si possono verificare infatti notevoli cambiamenti. L’autismo influisce sullo sviluppo e lo sviluppo, a sua volta, influisce sull’autismo.
Uta Frith, L’autismo, Spiegazione di un enigma.
Il 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale della consapevolezza sull’Autismo, iniziativa istituita dalle Nazioni Unite nel 2007 e che vedrà associazioni di tutto il mondo dare vita a convegni ed eventi dedicati a questo tema, con l’obiettivo di aumentarne la condivisione e migliorarne la sensibilizzazione nell’opinione pubblica. Come sottolineato nella citazione iniziale, ancora oggi l’autismo resta una disabilità da scoprire, un argomento delle volte mercificato in ignoranze popolane e presupposti inesatti. L’importanza di questa giornata risiede proprio nel migliorare e consolidare la consapevolezza dell’autismo in sé, della sua realtà, di eliminare pregiudizi, preconcetti, miti e leggende che avvolgono questa tematica. Dunque, una riflessione è d’obbligo. In particolare, su quanto la società odierna – mondiale e italiana – compie in favore di essa. Per farlo, partiremo da un esempio.
INTEGRAZIONE SCOLASTICA – In Irlanda è stata aperta la prima università dedicata unicamente agli studenti con Autismo e Asperger. Si chiama Dublin City University, ed è un campus pensato per le esigenze particolari richieste dalle persone, appunto, con Autismo e Asperger. In sostanza, nulla viene lasciato al caso: a partire dalle attività accademiche, alle disposizioni degli alloggi, per passare, infine, alla ricerca del lavoro dopo la laurea. L’idea vede la collaborazione dell’associazione AslAm.ie (Autism Spectrum Information Advice and Meeting point) e nasce con l’obiettivo di diminuire il tasso di disoccupazione delle persone con disturbi dello spettro autistico – attualmente, come riporta West-info.eu, intorno all’80%.
Questo progetto è sicuramente importante per una serie di motivi: innanzitutto, permette di qualificare al meglio le persone con autismo, dedicarsi più attentamente e approfonditamente alle loro qualità, dando modo di muoversi in un mondo appositamente creato per le loro esigenze. D’altro canto però, sembra venir meno quella componente sociale rivendicata dalla totalità delle associazioni mondiali: l’inclusione e l’integrazione, in questo caso scolastica. Creare un istituto separato da quelli “ordinari”, rischia di emarginare ancor di più una persona con disturbi autistici che verrà sicuramente preparata ad affrontare il mondo del lavoro, ma che non troverà al di fuori di questa università una così simile realtà.
Di questa iniziativa ne abbiamo parlato con Laura Imbimbo, presidente del Gruppo Asperger Onlus, la quale afferma che “non conoscendo nei particolari questa esperienza irlandese, bisognerebbe verificare di persona. In linea generale, la ‘separazione’ mal si adatta ai processi di inclusione che noi tutti ci auguriamo. Ma a volte, in specie per l’Autismo, bisogna un po’ cercare di andare oltre gli slogan. Il dato da cui partono i fondatori di questa università è rilevante. In Italia non ne abbiamo, ma dalla nostra esperienza possiamo dire che il 20% di occupati sarebbe un dato ottimistico. Inoltre, anche conseguire un titolo di studio superiore non è assolutamente facile. L’inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico è un processo che deve fare i conti con la realtà sociale nella quale queste persone vivono, con i programmi educativi che la famiglia, la scuola, la società è in grado di fornire loro, con la conoscenza generale del loro particolare modo di essere e di apprendere. L’esperienza di Dublino non può essere trasferita nel nostro Paese: diversa cultura sull’Autismo, diversa legislazione sulla scuola e sull’inserimento lavorativo protetto, diversa sensibilità familiare verso l’indipendenza economica e sociale dei figli con disabilità. Senza giudicare nessuno, le nostre famiglie forse ‘proteggono’ troppo, ma questo evita sicuramente alcune forme di miseria acuta e di forte emarginazione sociale tipiche dei paesi anglosassoni. Ma si può ‘modificare’ il nostro Welfare, orientandolo di più ai ‘risultati’, anche per quanto riguarda la scuola e l’inserimento nel mondo del lavoro. Dobbiamo imparare a valutare se una cosa ‘funziona’, se è inclusiva nei fatti e non solo nelle dichiarazioni di principio. Quindi, riteniamo che le esperienze degli ‘altri’ vadano studiate e conosciute, senza pregiudizi né positivi né negativi, ma per aumentare le nostre conoscenze e arricchire il nostro patrimonio culturale”.
Secondo Fabrizio Schiavo invece, socio fondatore della Divento Grande Onlus, è “impossibile dire se questa università sia lesiva o meno in termini di integrazione sociale, perché in Italia non esiste assistenza per disabili in questo settore, addirittura neanche alle scuole superiori. Non conosco concretamente le realtà delle scuole speciali straniere, ma posso affermare con sicurezza che l’ipocrisia delle istituzioni italiane è certa. Parlare e vantarsi di integrazione scolastica, quando le stesse istituzioni che hanno scritto le leggi non le rispettano, è poco credibile: ad esempio, faccio riferimento alle ore di sostegno che i ragazzi con questa disabilità dovrebbero avere (20-22) e che ogni anno vengono disattese, vedendosene assegnare sempre un numero inferiore. Il problema si risolve solo facendo ricorso alle autorità competenti con un esborso economico per la famiglia, un danno economico che ricade in prima persona sui nostri figli, a cui viene sottratta la possibilità di avere altre ore di terapia. Stesso discorso per i servizi sociali che dovrebbero andare in copertura per le restanti ore scolastiche: anche qui, carenza di fondi e continue discussioni e amarezze, la maggior parte delle volte risolte con litigate furibonde o esposti ai Carabinieri. Faccio riferimento alle figure chiave della loro vita scolastica, insegnanti di sostegno e AEC. La scuola ha un peso e un’importanza fondamentale per i ragazzi disabili. Se le competenze professionali di queste figure non sono appropriate, tutto il discorso integrazione decade. Un insegnante di sostegno che ha uno studio per materie non inerenti la disabilità (come matematica, storia, religione e così via) si trova in grande difficoltà a gestirla, ed il tutto viene risolto quasi sempre grazie alla loro sensibilità e disponibilità a fare corsi privati di approfondimento. Ma tutto questo è un disagio! Vi posso garantire che non sempre è così. Io stesso ho fatto un ricorso al TAR ed un esposto per vedere riconosciuti i diritti di legge sanciti ai miei figli. Adesso sono in prima media e anche quest’anno abbiamo lottato e vinto, ma conoscendo la realtà italiana sarei disposto a cambiare e provare una scuola speciale in cui i tuoi figli siano seguiti da personale competente, in cui i loro diritti siano tali e non fortuna o caparbietà dei loro genitori, in cui le scuole superiori o l’università sia l’anticamera di un possibile inserimento nel mondo lavorativo e possibilità di autonomia personale”.
EVENTI – Importanti sono le iniziative che caratterizzano la giornata mondiale. Per fare un esempio, in Italia, la Divento Grande Onlus sarà attiva con diversi eventi su Roma, Nettuno ed Anzio, spalmati tra il 2 e il 3 aprile, dove protagonisti saranno lo sport, la scuola e la famiglia. Questa, e tutte le altre manifestazioni organizzate nel resto del mondo, sono legate alla campagna Light it up blue dell’organizzazione Autism Speaks, che prevede di illuminare di blu i principali edifici delle città di tutto il mondo. “In Italia” – spiega Schiavo a FinestrAperta.it – “la problematica dell’autismo è uscita allo scoperto da pochi anni, grazie ad un numero esiguo di persone o associazioni che stanno ponendo all’attenzione mediatica questa situazione, e di conseguenza obbligano le istituzioni ad interessarsene. È amareggiante sapere che mio figlio italiano ha meno possibilità di un ragazzo americano. Non si tratta di diverse competenze o della gravità della patologia, ma di organizzazione sociale. Il primo consiglio che mi sento di rivolgere ai nostri politici è uno solo: prima di prendere decisioni sbagliate o inutili sulle ‘persone deboli’ – specialmente bambini e ragazzi con qualsiasi tipo di disabilità -, ascoltate le famiglie!”.
Le attività quindi saranno rivolte principalmente a bambini e ragazzi, alla dimensione delle generazioni future. “Vero” – afferma il socio fondatore – “Le lotte che stiamo avendo in questi anni ci obbligano a fare questa scelta, in quanto le varie istituzioni si muovono bendate, non avendo nessuna cultura e pochissima sensibilità riguardo le persone autistiche. Stiamo investendo negli amici dei nostri figli, sicurissimi che le loro scelte saranno più giuste e oculate dei nostri attuali politici. Quanto ci mostrano tutti i giorni, a scuola e fuori, è meraviglioso! È fondamentale sapere che la nostra Onlus, durante tutto l’anno, organizza attività di vario genere per i nostri ragazzi contribuendo alle spese delle stesse”.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante