Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, in cui ricordiamo tutte le vittime dello sterminio nazista
La Giornata della Memoria è un monito, ci ricorda quanto è “banale” il male e fino a che punto può arrivare l’indifferenza e la malvagità. Il bene, invece, richiede attenzione, sforzo e impegno. Il bene richiede intransigenza, studio, concentrazione e responsabilità.
Abbiamo raggiunto la Presidentessa dell’associazione Agenzia Vita Indipendente onlus, Silvia Cutrera a cui è stato riconosciuto, nel 2015, il Premio Italia Diritti Umani della Free Lance International Press in collaborazione con la Sezione italiana di Amnesty International, Cittanet, dedicato alla memoria di Antonio Russo, giornalista brutalmente ucciso in Georgia nel 2000. Silvia Cutrera con Avi ha realizzato due documentari: Vite indegne, sul programma nazista Aktion T4, la “prova generale” sulle persone con disabilità della successiva “soluzione finale” contro gli ebrei e gli altri “impuri”, e Otto Weidt – Uno tra i Giusti, sulla figura di un imprenditore con disabilità visiva, il quale durante la Seconda Guerra Mondiale garantì la sopravvivenza degli operai ebrei della sua fabbrica di spazzole.
Perché la Giornata della Memoria?
“Ti rispondo con le parole di Paolo Jedlowski, che individua, nel gesto che conserva il passato, una funzione etica: “La memoria e la storia non sono la stessa cosa. Ma hanno una radice in comune. Questa radice consiste nel progetto di salvare il passato […] dal tempo. Se l’oblio è una ratifica di questo non più, la memoria e la storia nascono entrambe dal desiderio di opporvisi: ciò che è salvato è ancora, in qualche modo, con noi”.
Una Giornata come questa serve per contrastare l’oblio e il pericolo del ritorno di fascismo, razzismo, antisemitismo e odio. Per far conoscere ciò che è stato”.
È corretto parlare di olocausto delle persone con disabilità ?
“Olocausto significa sacrificio e in passato era stato utilizzato per indicare lo sterminio degli ebrei ma non è il termine appropriato in quanto nessuno volontariamente si è immolato, quindi si preferisce usare il termine Shoah, in ebraico tempesta devastante, che può adattarsi anche per le persone con disabilità”.
Come è stato possibile che una violenza simile sia stata socialmente accettata?
“Anche in questo caso una propaganda mirata considerava i disabili una zavorra per la società. Le correnti principali dell’eugenetica e dell’igiene razziale dei primi anni del Novecento contribuirono indirettamente a rendere possibile la politica nazista che proponeva una nazione abitata da un popolo in grado di generare una razza migliore e più pura. Fondatore dell’eugenetica, Sir Francis Galton (1822-1911) psicologo inglese, cugino e seguace di Darwin, dominò il campo delle ricerche sull’ereditarietà, sostenendo che la chiave per una società sana era favorire determinate coppie a concepire figli eccezionali secondo valutazioni, classificazioni e criteri descritti nel libro Il genio ereditario (1869), nel quale le qualità ritenute superiori erano quelle tradizionali del razzismo: forza fisica, intelligenza, resistenza al lavoro e carattere, qualità apprezzate dalle classi medie, ritenute trasmissibili ereditariamente da una generazione all’altra.
L’opera cruciale sull’argomento Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens (L’autorizzazione dell’ annientamento della vita indegna di essere vissuta) fu pubblicata nel 1920 e scritta congiuntamente da due eminenti professori tedeschi: il giurista Karl Binding, in pensione dopo quaranta anni di insegnamento all’Università di Lipsia, e Alfred Hoche, professore di psichiatria all’Università di Friburgo. Nel libro affermarono che gli individui cosiddetti ”zavorra” (Ballastexistenzen), cioè le persone che erano un peso per la comunità, dovevano essere eliminati. Il libro fu letto come un’allusione ai molti soldati tedeschi resi irriconoscibili da orrende mutilazioni, che rappresentavano un peso non solo per le casse dello Stato, ma anche per la memoria collettiva. Non solo i malati incurabili erano persone non meritevoli di vivere, anche i malati di mente, chi soffriva di lesioni cerebrali, i bambini con ritardo mentale e deformi “gusci vuoti di esseri umani”. L’uccisione di tali persone, scrisse Hoche, ‘non può essere messa sullo stesso piano con altri tipi di uccisione… ma è un atto lecito, utile‘. Hoche accennò al carico economico terribile che tali persone imponevano alla società collocando il concetto organico dello Stato in una prospettiva medica insistendo sulla tesi che ‘i singoli membri meno validi devono essere abbandonati e respinti’. Le competenze giuridico-biologiche degli autori fornirono giustificazioni ben argomentate volte a far apparire la morte non come negazione ma come esito naturale di certe condizioni di vita. L’uso lessicale di espressioni quali “semi-uomini”, “esseri avariati”, “mentalmente morti” voleva dimostrare che, nel loro caso, la morte non arrivava dall’esterno perché fin dall’inizio era parte di quelle vite. Una condizione biologica, riconosciuta come tale da scienziati, diventava un dato giuridico e dava luogo ad una valutazione e questione politica, il potere dell’uomo sulla sua vita dipendeva dalla definizione di vita degna e di vita indegna soggetta ad una valutazione scientifica in base al grado di malattia e normalità di un individuo. Nel descrivere la vita ‘indegna’ era stata coniata un’immagine inversa (Gegenbild) della vera umanità.
Il disegno globale di selezione, che avrebbe dovuto modificare radicalmente la composizione razziale del popolo tedesco, cominciò con l’annientamento degli elementi considerati ‘inferiori’. Lo sterminio degli ebrei si collocò al centro di un complesso programma finalizzato al ‘risanamento’ della razza ariana nordica, che iniziò con la sterilizzazione coatta di 300mila persone fino ad arrivare all’uccisione delle persone disabili, degli ‘asociali’ e di quanti erano considerati appartenenti a ‘razze inferiori’. Per il regime erano individui pericolosi che ostacolavano l’idea di creare una nazione basata sulla razza, senza malati e senza elementi estranei alla ‘comunità di popolo’. A partire dagli anni Ottanta, una storiografia più mirata a dare dignità e visibilità a gruppi che, perseguitati durante il nazionalsocialismo, continuavano ad essere discriminati e marginalizzati nella società tedesca del dopoguerra, considerò con più attenzione le vittime ‘dimenticate’.
Lo storico americano Henry Friedlander, autore di uno studio esemplare sull’azione eutanasia, interpretò le drammatiche vicende, accadute alle persone disabili uccise con il gas, come un antecedente necessario del genocidio degli ebrei. Infatti il razzismo biologico trovò le sue prime vittime tra i disabili tedeschi e, nella prima fase dell’Aktion T4, cioè dal 1 settembre 1939 al 24 agosto 1941, circa 70.273 pazienti disabili furono eliminati dai nazisti. Un fenomeno anticipatorio della ‘soluzione finale’. L’attuazione dell’azione eutanasia dimostrò che era possibile organizzare uccisioni di massa come procedimento tecnico, usando il gas. Servì anche da modello per formare e addestrare Christian Wirth e Franz Stangl, esperti della T4, futuri organizzatori dell’uccisione dei circa 3 milioni di ebrei polacchi nei campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka. Christian Wirth, tra l’altro, nell’agosto del 1943, insieme ad altro personale SS dell’operazione Reinhard, allestì il campo di concentramento con camera a gas e crematorio, nella vecchia risiera di San Sabba a Trieste”.
Chi si è opposto allo sterminio? Qualcuno è riuscito a salvare delle vite?
“Durante la seconda metà del 1940 si diffusero voci su quanto accadeva nei centri tedeschi di uccisione e ciò generò malumore e inquietudine tra la popolazione. Il centro di Brandeburgo fu chiuso a causa del crematorio e dell’odore avvertito in città, quello di Grafeneck fu chiuso per l’ostilità degli abitanti del luogo, ma furono sostituiti dai centri di Bernburg e Hadamar. La reazione pubblica non interruppe lo sterminio, ma condizionò le procedure determinando la creazione degli istituti di transito (Zwischenanstalten). Nell’autunno del 1940 i pazienti prelevati dagli istituti venivano raccolti in questi istituti di transito e da qui trasferiti ai centri di uccisione al fine di confondere e disinformare i familiari e garantire la segretezza. Ma i familiari accusarono medici e ospedali e si rivolsero alla magistratura che, del resto, fin dal febbraio 1940 era a conoscenza di altri numerosi e sospetti decessi di persone che erano poste sotto la sua tutela in veste di testimoni o di imputati. Alcuni procuratori, investiti della questione, si rivolsero al Ministero della giustizia del Reich, che a sua volta fece presente alla Cancelleria del Führer la situazione critica del sistema giudiziario, dovuta all’assenza di una copertura legale al programma ‘eutanasia’ e chiesero la sospensione oppure l’emanazione di una legge che lo regolarizzasse o quanto meno delle linee guida. La richiesta non fu accolta, i magistrati furono invitati a non interferire con il programma T4, in alcuni casi furono mandati in pensione in anticipo. Ma sostanzialmente tra la magistratura e i dirigenti dell’Aktion T4 si stabilì una valida collaborazione che raggiunse il suo apice nell’aprile 1941. L’opposizione delle chiese si fece sentire alla fine dell’estate del 1940, quando il numero delle uccisioni era già rilevante e culminò con la protesta del conte Clemens August von Galen, vescovo di Munster, che pronunciò un vibrante sermone di denuncia, letto in tutte le chiese della sua diocesi. Da parte delle organizzazioni mediche non vi furono proteste.
Il 24 agosto 1941 Hitler ordinò la fine dell’Aktion T4. La storia popolare ha attribuito all’opposizione da parte delle chiese il merito di questa revoca dell’operazione di sterminio. Tuttavia è assai probabile che l’influenza delle chiese sia stata marginale e che Hitler sia stato spinto a dare il cosiddetto ordine di sospensione soprattutto a causa della progressiva diffusione delle notizie relative alla morte dei pazienti ricoverati in ospedali e case di cura e dell’ampia risonanza pubblica di tali fatti. L’ordine di sospensione provocò la chiusura dei centri di uccisione, ma non pose termine all’eliminazione degli individui considerati ‘indegni di vivere‘. Il progetto di sterminio T4 fu esteso ai campi di concentramento e fu chiamato ‘trattamento speciale 14f13‘. I prigionieri venivano selezionati e trasferiti nelle camere a gas dei centri di uccisione della T4. Il codice 14f13 era il numero d’archivio utilizzato dall’Ispettorato dei campi per riferirsi all’uccisione di questi prigionieri. Le vittime erano preselezionate dai medici delle SS e successivamente dai medici della T4 che, utilizzando i già collaudati questionari, si recavano nei campi per individuare quelle effettive da eliminare. I criteri di selezione si dovevano basare sulla presenza di malattie fisiche incurabili inabilitanti al lavoro, ma la selezione seguì anche criteri eugenetici e razziali includendo disabili, ebrei, prigionieri con precedenti penali e antisociali. Le vittime dell’operazione 14f13 furono uccise con il gas nei centri di uccisione di Sonnenstein e Bernburg fino al 1943, quando la 14f13 fu sospesa, ma ad Hartheim proseguirono le uccisioni fino alla fine del 1944. Il numero dei prigionieri uccisi è probabilmente vicino a 20mila. La collaborazione tra SS e T4, che culminò nelle operazioni di sterminio ad Est, costituì un anello di congiunzione tra il programma eutanasia e la soluzione finale. L’omicidio di massa dei disabili proseguì con altri mezzi fino al 1945. Medici ed infermieri uccisero gli adulti disabili somministrando loro pastiglie, praticando iniezioni o lasciandoli morire di fame”.
Pensi che l’olocausto possa accadere di nuovo? Quale è l’antidoto al male?
“Non credo che l’olocausto possa accadere nelle stesse forme, ma la privazione dei diritti umani riguarda ancora molte persone. Occorre agire per il bene dinanzi all’ingiustizia e la privazione della libertà, assumere comportamenti responsabili e consapevoli per il futuro di tutta l’umanità”.
Per dare senso a questa giornata la UILDM LAZIO ha organizzato per il 27 gennaio alle ore 10:30 una proiezione sullo sterminio delle Persone con Disabilità rivolta agli Operatori Volontari del Servizio Civile, al Gruppo Giovani della UILDM LAZIO e ai volontari da Francia, Austria, Germania, Spagna e Slovenia del Corpo Europeo di Solidarietà. Presenteranno la Giornata il Presidente UILDM LAZIO Marcello Tomassetti e Silvia Cutrera (clicca qui per visualizzare l’evento su Facebook).
Articolo di Massimo Guitarrini